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martedì 1 maggio 2012

Finnico

Che cosa è un blog se non una raccolta, un ricettacolo di emozioni? C'è chi parla della fidanzata che ha trovato, chi di quella che non c'è più, chi della squadra del cuore e chi della politica... condivisibili, apprezzabili o meno sono tutte emozioni vissute, emozioni che in questa epoca avara, egoista e vuota devono essere condivise con il maggior numero di persone possibili, per lasciare un segno, per non essere dimenticati. Io non faccio eccezione. Anche le mie emozioni devono essere esternate, devo tirare fuori questa parte di me, per lasciare il mio segno, il mio sigillo da qualche parte. Quindi vi racconterò questa storia. La storia di Finnico...
L'ho conosciuto sei, forse sette anni fa, d'estate. Ha fatto da tramite un comune amico, Giorgio; l'ultimo anno che abbiamo lavorato in spiaggia assieme ha fatto da compagno sia a me che a Finnico per tutta la stagione, cavoli era il 2006, ma sembra passato un secolo. Ma non divaghiamo. Finnico era un dio (scritto minuscolo per non offendere la sensibilità di nessuno e perché in effetti mi rapporto, in questo racconto, ad un mondo piccolo, dove l'appellativo dio non si riferisce a nulla di ultraterreno, ma ad un parametro di confronto personale) dello sport, mai stanco, mai stufo, sempre al 100%. Nuotava (e come nuotava), correva (di brutto), pedalava, sollevava, spingeva, colpiva... sembrava inarrestabile. Affilato come un coltello, solido come una roccia. Io lo vedevo così, l'incarnazione dell'ideale sportivo di endurance, con gli addominali tipo scacchiera, gli arti scolpiti e vascolarizzati, lo sguardo sempre fiero. Sicuro di sé. Quante corse con Finnico. Quanta fatica insieme, sempre con il sorriso sulle labbra; se avevamo fatto 15 km, il giorno dopo ne facevamo 16, e più veloci... e poi nuoto tutti i giorni, con qualsiasi mare, sempre noi, sempre insieme. Una stagione indimenticabile, e così anche l'inverno successivo, corsa, bici, piscina, pesi, boxe... quanti allenamenti. Io e Finnico; Finnico e me. Adesso quando sento parlare, magari in palestra "eh, si quello corre, quello si che è uno sportivo..." mi scappa da ridere, solo il pensiero di vedere Finnico (ti ricordi Giorgio quando l'hai chiamato "l'Orco che divora i suoi simili"?) in allenamento... è da paura. Ma l'abilità più grande di Finnico era quella sua convinzione che non esistessero ostacoli, che tutto si potesse superare, sempre. Lo diceva, lo scriveva. Lo faceva. E superava davvero gli ostacoli. Quante cose mi ha insegnato.
Piano piano le nostre strade, però, si sono separate, ogni tanto, in questi anni, l'ho rivisto, ogni tanto appariva, sporadico, in qualche corsa, in qualche allenamento fatto insieme. I suoi suggerimenti, il suo modo di vivere mi ha aiutato nei miei periodi difficili; non come se lui fosse stato lì, ma quasi. Io ho fatto la mia vita, lui ha fatto la sua. Vite parallele, simili, ma non più legate con un doppio filo. Ho saputo che anche Giorgio l'ha perso di vista. Qualche volta si sono incontrati, si sono parlati, ma nulla più. Non so bene il perché. Ognuno ha continuato a fare le sue cose (che poi sono sempre le stesse, ci piace fare quello, ci piace faticare, sudare... non cambieremo mai), ma con un certo distacco dall'altro. 
Ma i legami forti non si spezzano. Si allentano, magari si assotigliano; ma non si spezzano. Io lo sapevo, lui lo sapeva. Oggi ci siamo incontrati. Quasi per caso, la giornata piovosa (le sue preferite, ma anche le mie), poca gente in giro, giornata giusta per una corsa. Mi sono vestito, ho preso in mano quel cappellino bianco, con la scritta blu sopra (ho sentito quasi una scossa, erano anni che non lo usavo), ho messo le scarpette e sono uscito. Come per miracolo lui era lì. Sembrava mi aspettasse, insieme abbiamo cominciato il nostro allenamento, come ai vecchi tempi, come una volta. Il nostro passo cadenzava leggero sulle pozzanghere, i nostri repiri, per nulla affannosi, si confondevano con la gentile brezza piovigginosa, i nostri muscoli guizzavano il nostro cuore batteva forte, poderoso, possente; nemmeno un cenno a quella macchina che è passata forte sulla pozzanghera per bagnarci, anzi un sorriso, così come un sorriso a quel furgone teutonico che per non schizzarci è andato nell'altra carreggiata. Proprio come ai vecchi tempi. Le sue parole durante la corsa, i suoi consigli: nessuna paura, testa alta, fiducia in te stesso, respira tranquillo, è tutto in testa; mi hanno fatto tornare indietro nel tempo. Siamo tornati. Io e Finnico. Per adesso nuovamente inseparabili, ma anche consapevoli che, il futuro o il destino ci dovessero dividere, il nostro legame non si romperà mai. Quello che abbiamo condiviso e quello che possiamo fare, insieme o no, è dentro di noi, e sempre a nostra disposizione.
Questa è la storia di Finnico. Può non interessare, o può aiutare qualcuno a trovare forze necessarie che non crede di avere. Penso che chinque stia leggendo queste mie righe abbia un suo personalissimo "Finnico", così come abbia una sua forza interiore, sorprendente, inaspettata. Una forza che non chiede altro che essere tirata fuori.
Federico Saccani (Finnico)

4 commenti:

  1. me lo presenti sto Finnico? :) scherzi a parte...molto intenso, molto intimo, molto vero, grazie per aver condiviso...

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  2. Vedrò di combinare un incontro... ;-)

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  3. Magari Finnico ritornerà alla vita errabonda sui laghi gelati del Nord da dove (forse)proviene. Prima di allora sarebbe bello provare a correre insieme a lui, almeno una volta. Chissà... P.

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