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sabato 16 gennaio 2010

Diabete e attività fisica: undicesima parte - conclusioni


Da tutto quello che è stato detto si evince che l'attività motoria rappresenta a tutti gli effetti una risorsa terapeutica per la prevenzione del diabete e delle sue complicanze, con particolare riferimento a quelle cardiovascolari.
I benefici dell'esercizio fisico li possiamo così riassumere:
  • l'esercizio aumenta il flusso di sangue ai muscoli e, quindi, la capacità del sangue di trasportare le sostanze all'interno del tessuto muscolare, con conseguente incremento delle dcapacità del muscolo di metabolizzare le sostanze trasportate;
  • l'esercizio fisico stimola le cellule muscolari a prelevare glucosio dal circolo sanguigno e ad utilizzarlo velocemente; questa capacità perdura anche dopo l'attività fisica, per circa un paio d'ore;
  • dopo l'esercizio, nel momento del recupero, i muscoli hanno bisogno di rimpiazzare la quota di glucosio utilizzata: il glucosio viene rapidamente trasportato nel tessuto muscolare, dove viene immagazzinato sotto forma di glicogeno;
  • per circa quarantotto ore dopo l'attività fisica permane il miglioramento nel trasferire glucosio dal circolo sanguigno verso le cellule dell'apparato muscolare (specialmente in soggetti ben condizionati), da cui può scaturire una riduzione del fabbisogno insulinico (aumento della sensibilità insulinica);
  • l'esercizio diminuisce i picchi degli ormoni adrenergici che come si sa hanno l'effetto di aumentare la glicemia;
  • vengono migliorati i parametri lipidici ematici (aumento HDL, diminuzione LDL e TG), viene favorito il controllo ponderale e di composizione corporea, diminuendo così il rischio di complicanze cardiovascolari;
  • si favorisce la socializzazione, aumenta la fiducia in se stessi e l'autostima, con un contemporaneo calo di ansia e depressione;
  • costringe all'autocontrollo, insegna come adattare alternativamente insulina ed apporto glucidico al dispendio energetico, rappresentando una valida palestra di autogestione, contribuendo a quel "saper essere diabetici", gradino fondamentale per affrontare serenamente la malattia.
Ricordando che l'attività fisica, se non condotta bene, può aggravare la malattia e favorire le complicanze, vorrei ancora aggiungere alcuni consigli fondamentali, e cioè:
  1. non consigliare attività se la glicemia è maggiore di 300 mg/dl o di 250 mg/dl in presenza di chetonuria, o se è minore di 80 mg/dl se si è in terapia con farmaci ipoglicemizzanti;
  2. in caso di terapia insulinica o con antidiabetici orali controllare sempre la glicemia prima e dopo l'esercizio e, se l'allenamento è lungo anche durante;
  3. regolare l'alimentazione e la terapia insulinica in funzione dell'intensità e della durata dell'allenamento previsto, in accordo col diabetologo.
In ultimo, a conferma di quanto detto, riporto una tabella dell'ACSM (American College of Sport and Medicine) con le linee guida per la costruzione di un programma di ricondizionamento fisico di un soggetto diabetico (NIDDM):

TIPO DI ESERCIZIO --> deve coinvolgere ampi gruppi muscolari, essere particato con continuità, fondamentalmente aerobico


INTENSITA' --> submassimale (60 - 80% HRmax/50 - 75% VO2 max)

DURATA --> 40 - 60' se a bassa intensità 30 - 35' se ad intensità più elevata

FREQUENZA --> ideale: quotidiana, buona: 3/5 volte a settimana

mercoledì 6 gennaio 2010

Diabete e attività fisica: decima parte - il diabetico di tipo due e l'esercizio


In questi pazienti, ogni singola seduta di allenamento fisico abbassa la glicemia per l'aumento del consumo, da parte dei muscoli, di glucosio e, le sedute successive, protratte nel tempo (allenamento vero e proprio) riducono la resistenza insulinica attraverso una maggiore espressione sulla superficie cellulare di trasportatori di glucosio (GLUT 4). Ciò innesca un circolo virtuoso poichè riduce a cascata l'iperinsulinemia, la tendenza a depositare grasso a livello addominale con miglioramento del rapporto vita - fianchi, la produzione epatica di glucosio con ulteriore miglioramento della glicemia, specie a digiuno. Per tutti questi motivi, un esercizio fisico, anche moderato, è da considerarsi una terapia in grado di modificare positivamente il meccanismo patogenetico della malattia. Esistono numerosi studi (Oslo diet and exercise study, per esempio), che hanno dimostrato che l'esercizio regolare migliora la tolleranza al glucosio in più del 50% dei soggetti, oppure che l'esercizio migliorava i parametri ematici, anche in pazienti dove era stato ridotto il dosaggio di ipoglicemizzanti orali (studio effettuato in Campania).
Gli orientamenti attuali consentono di ritenere che, più che dalla intensità e dalla durata, gli effetti metabolici sono ottenuti dalla ripetitività (almeno 5 volte alla settimana) di un esercizio aerobico leggero (circa 60% del VO2 max, cioè circa 70% di HR max) che duri almeno 30'. Tradotto in termini pratici significa che, una camminata di mezz'ora al giorno, metabolicamente parlando, ha una valenza di grande rilievo.
Questo tipo di attività è eseguibile da un gran numero di pazienti NIDDM.
Vorrei segnalare a riguardo anche uno studio su oltre 70000 infermiere americane durato 5 anni, che ha dimostrato che, quelle abituate a regolari passeggiate avevano un rischio relativo di diabete ridotto del 50% rispetto alle sedentarie. Se la camminata era a passo svelto (circa 5 km/h), il rischio era ridotto di un ulteriore 20% rispetto alle sedentarie.
Per quel che riguarda più da vicino il diabetico in palestra, l'allenamento può seguire le linee base trattate in precedenza, quindi 30' iniziali di cardiofitness (bike, tappeto...) monitorati con il cardiofrequenzimetro (almeno per il primo periodo) ideali per attivare gli adattamenti fisiologici mirati al benessere del soggetto diabetico. L'obiettivo è guidare il soggetto lungo un percorso rieducativo, facendo in modo che l'attività motoria possa diventare un punto cardine per il miglioramento della qualità della vita, sia dal punto di vista fisico, che psico - sociale.
Dopo questa prima parte "condizionante", possiamo passare (valutando di caso in caso) agli esercizi di muscolazione generale. Ivy (1987) ha dimostrato che la contrazione muscolare ha un effetto simile a quello dell'insulina; la permeabilità della membrana al glucosio aumenta con la contrazione muscolare. Uno studio condotto in Australia, per 6 mesi, su 36 soggetti di età matura (60 - 70 anni), ha rilevato che gli individui che avevano seguito un programma di potenziamento muscolare e una dieta salutare miglioravano il loro profilo glicemico in maniera tre volte superiore rispetto al gruppo che aveva seguito solo la dieta. I soggetti del gruppo "dieta + allenamento", avevano, inoltre, perso anche una moderata quantità di grasso corporeo ed incrementato il trofismo muscolare. Il dott. Dunstan, responsabile della ricerca, ha evidenziato come i muscoli siano i principali luoghi di rimozione dello zucchero ematico e, di conseguenza, come sia importante allenarli.
Quindi, in sintesi, una seduta tipo di allenamento rivolta ad un diabetico di tipo 2 darà una grande importanza alla fase aerobica, per migliorare la resistenza organica ed innescare i meccanismi metabolici che favoriscono il regresso della patologia, inserendo, per le persone anziane, esercizi di muscolazione con piccoli pesi o a carico naturale, mentre per i più giovani, se la risposta pressoria è buona, è possibile utilizzare sovraccarichi e macchinari idonei a costruire una buona tonicità muscolare, lavorando soprattutto sui grandi gruppi muscolari con 2/3 serie da 12 - 15 ripetizioni per esercizio, avendo l'accortezza di non inserire più di 4 esercizi per seduta e evitando le contrazioni isometriche.
Prestare molta attenzione nelle attività anaerobiche pure ed in quelle aerobiche estensive (alta intensità e lunga durata), perchè ad elevato rischio ipoglicemico.

domenica 3 gennaio 2010

Diabete e attività fisica: nona parte - il diabetico di tipo uno e l'esercizio


Come abbiamo detto, nel soggetto sano, già dopo pochi minuti dall'inizio di un'attività fisica il livello di insulina circolante si riduce mentre viene attivata una neoproduzione di glucosio grazie alla glicogenolisi. Ciò consente la protezione dall'ipoglicemia e al tempo stesso un flusso costante di glucosio in grado di sostituire quello consumato tanto che la glicemia si mantiene costante anche dopo ore di ininterrotta attività.
Nel diabetico di tipo 1 il livello di insulina circolante dipende solo dalla quantità e qualità iniettata e dal tempo intercorso dall'ultima somministrazione: sarà pertanto "abilità" del paziente saper adattare la dose, riducendola, in modo da mimare quanto avviene fisiologicamente.
Anche se l'adattamento è corretto, il livello di insulinemia è quasi sempre maggiore che nel soggetto sano, con inibizione della glicogenolisi ed, in conseguenza del mancato apporto di glucosio, maggior rischio di ipoglicemia. Ciò spiega la necessità di un apporto supplementare di glucosio calibrato ed "intelligente". Viceversa, se il paziente è cronicamente scompemsato e quindi criticamente sottoinsulinizzato, al momento della pratica fisica vi sarà, da un lato l'impossibilità di metabolizzare il glucosio a livello muscolare con conseguente utilizzo dei grassi e produzione di corpi chetonici e, dall'altro, un'esaltazione della glicogenolisi epatica con produzione di elevate quantità di glucosio che, non potendo essere "bruciato", si accumula nel sangue provocando pericolose iperglicemie, fino alla chetoacidosi.
Si evince chiaramente, quindi, che per praticare attività fisica sicura è necessario un notevole bagaglio di conoscenze filtrate attraverso la sperimentazione quotidiana ed intelligente dell'autocontrollo glicemico e dell'autogestione di insulina e apporto di carboidrati fino a sostituire con il ragionamento l'automatismo della funzione pancreatica. Seppur difficil, per le molte variabili da considerare, questo processo conduce il diabetico insulino dipendente sportivo ad un esercizio continuo di educazione terapeutica che può portare dei vantaggi sul compenso metabolico sicuramente maggiori di quelli prodotti dall'esercizio stesso.
L'attività sportiva, specie se prevalentemente aerobica e svolta a livello amatoriale produce, inoltre, aumentata sensibilità insulinica e quindi riduzione del suo fabbisogno, cosa che, insieme all'aumentato dispendio energetico, riduce la tendenza all'aumento di peso tipico del diabetico IDDM ben compensato; essa inoltre aumenta la massima capacità di consumo d'ossigeno ed allena il cuore, cosa che, unitamente al miglioramento del profilo lipidico (aumento HDL e diminuzione LDL e trigliceridi) è particolarmente favorevole in soggetti esposti alle complicanze cardiovascolari.
Misure precauzionali per intraprendere un'attività fisica:
(sono assolutamente generalizzate, sarà il medico, in accordo con il paziente, ad evidenziare e personalizzare le misure più idonee da adottare):
  • visita medica e consultazione con il proprio diabetologo;
  • adeguato rifornimento idrico;
  • assumere carboidrati nella quantità di 10/20 gper ogni 30' di esercizio ad intensità moderata;
  • diminuire la dose quotidiana di insulina;
  • evitare, per almeno 1 ora di far lavorare i muscoli sottostanti il sito delle iniezioni di insulina ad azione immediata;
  • essere consapevoli dei sintomi di ipo/iper glicemia;
  • evitare l'allenamento con sovraccarichi per ridurre al minimo la risposta della pressione arteriosa (complicanze oculari, cardiache, renali); un moderato allenamento con carichi non troppo elevati è consentito solo se le risposte della pressione sono normali;
  • allenarsi con un compagno;
  • evitare l'esercizo a tarda sera o dopo cena, perchè il rischio di ipoglicemia non termina con la fine dell'esercizio; siccome la sensibilità all'insulina rimane elevata nelle ore successive per ricostituire le scorte di glicogeno, è importante che l'alimentazione sia commisurata a queste necessità.
Bisogna prestare particolare attenzione ai piedi dei diabetici (per le varie complicanze viste in precedenza), la scelta di calzature adeguate e la cura preventiva diventano della massima importanza.
Ricordiamo, ed è importante farlo, che molti atleti affetti da diabete di tipo 1 si sono allenati professionalmente ed hanno avuto una carriera agonistica più che soddisfacente, per esempio:
- M. Halbert: oro alle Olimpiadi di Roma nei 1500 m;
- Steve Redgreve: plurimedagliato olimpico nel canottaggio;
- Gary Hall Jr.: oro e argento alle Olimpiadi di Sidney nel nuoto;
- Paul Scholes: calciatore del Manchester United;
-
Stephen Manley: atleta di triathlon (spec. ironman);
- Mohammed Alì: (credo non ci sia bisogno di presentazioni);
... e molti altri (fonte www.aniad.org).