Visualizzazioni totali

Amici

domenica 29 novembre 2009

La Maratona di Firenze... vista dalla TV


Oggi si è corsa la 26° edizione della Firenze Marathon. L'anno scorso ho corso questa gara. Un tempo apocalittico, freddo, pioggia, era la mia prima prova sui fatidici 42 k, nessuna preparazione specifica... una fatica terribile, anche se, alla fine, ho concluso con un tempo più che decente.
Sono, nonostante tutto, molto legato a questa manifestazione, che mi piacerebbe, prima o poi, rivivere da protagonista, da runner.
Questa mattina alle 9.20 ero già sintonizzato su rai2 per godermi lo spettacolo. La giornata, fortunatamente, questa volta era bella, un pallido sole, poco vento, temperatura mite. La giornata ideale.
Vedere dalle riprese televisive il fiume di gente radunata in piazzale Michelangelo, lo sparo dello starter, le meravigliose vie di Firenze, mi ha lasciato un piccolo vuoto dentro, una leggera nostalgia che, nonostante ci siano già alcuni progetti in cantiere per la primavera, mi fa pensare in anticipo al novembre prossimo.
E poi gli atleti, i e le top runner, la gente comune, quelli che corrono forte e quelli meno, i rifornimenti, la zoppia del giorno dopo, la gara delle famiglie, l'emozione del traguardo e della medaglia al collo, brividi che solo una prova come la maratona può regalare mi hanno dato un raggio di sole in una domenica piovosa e grigia.
Quest'anno Firenze si è superata, numerosi atleti di prima fascia, ospiti runner di qualità come Cassani e Pizzolato, alcuni maratoneti di ottimo livello come l'esperto, ma sempre brillante DRAGO CAMILLO (detto Renzo), al quale sono stato, virtualmente, al fianco per tutti i 42 k, che credo abbia chiuso alla grande.
Beh Firenze, aspettami, perchè ho voglia di tornare (e mi sa che anche Marina e Paride sono d'accordo con me!!).

sabato 28 novembre 2009

Diabete e attività fisica: quarta parte - diabete mellito di tipo 1


E' determinato dalla progressiva riduzione, che culmina con la completa distruzione, delle cellule beta delle isole di Langerhans del pancreas che sintetizzano e rilasciano nel sangue l'ormone insulina, la cui concentrazione si riduce progressivamente fino alla completa assenza.
Il danneggiamento delle cellule beta è causato dalla progressiva distruzione di queste ad opera del sistema immunitario, per cui il diabete mellito di tipo 1 va considerato sotto tutti gli aspetti una vera e propria malattia autoimmune, che si instaura sulla base di una predisposizione geneticamente determinata, che agisce quando, nel corso della vita, intervengono anche determinati fattori ambientali.
Si ritiene che i geni, detti diabetogeni in quanto predispongono al diabete, agiscano coi loro prodotti in vario modo, ad esempio modificando la struttura antigenica delle cellule beta, per cui le molecole espresse sulla superficie di queste presentano modificazioni strutturali che le fanno riconoscere come estranee dal sistema immunitario, che imbastisce verso di esse una risposta sia di tipo anticorpale che cellulomediata.
Il ruolo dei fattori ambientali è dimostrato dal fatto che, nei gemelli omozigoti, la malattia si manifesta solo nel 50% dei casi, dal fatto che meno del 20% dei diabetici ha genitori o fratelli anch'essi malati e da test dove, i malati trattati con ciclosporina (che riduce l'immunità), hanno dei miglioramenti. I fattori ambientali che favoriscono l'innesco del processo sono in genere fattori virali (parotite, mononucleosi, rosolia), che fanno creare anticorpi che attaccano le cellule beta. E' chiaro che non tutti gli individui che sviluppano infezioni virali avranno l'evolversi della malattia, perchè occorrono fattori permissivi, come già detto, per lo più genetici.
Caratteristiche del diabete di tipo 1:
- iperglicemia per la mancata secreszione di insulina (per esempio post - prandiale);
- perdita di peso: demolizione di grassi e proteine (atrofia muscolare);
- polifagia, polidipsia, poliuria;
- tendenza alla chetogenesi;
- suscettibilità al coma (dovuto alle altre concentrazioni di corpi chetonici);
- esordio improvviso e precoce (generalmente entro i 20 anni).

Diabete e attività fisica: terza parte - insulina


L'insulina è uno dei due ormoni secreti dal pancreas (l'altro è il glucagone, che ha funzioni opposte) e partecipa alla regolazione del livello del glucosio nel sangue. L'insulina interviene nei casi di iperglicemia (aumento della concentrazione di glucosio ematico).
Alcuni degli effetti dell'insulina sono:
- facilitare il trasporto di glucosio alle cellule, in particolare a quelle del tessuto muscolare e del tessuto connettivo;
- promuovere la glicogenesi;
- inibire la neoglucogenesi.
La principale funzione dell'insulina è, quindi, quella di ridurre la quantità di glucosio in circolo nel sangue; ma essa agisce anche sul metabolismo delle proteine e dei grassi, promuovendo la captazione cellulare degli aminoacidi e aumentando la sintesi proteica e lipidica. E' un ormone anabolico.
L'insulina è costituita da 51 aminoacidi, ha un peso molecolare di 5732 e viene secreta dalle cellule beta del pancreas. E' formata da due catene (A e B9 unite da ponti disolfuro.
Nella terapia della sindrome diabetica, in passato, veniva usata insulina di derivazione animale (soprattutto suina), questo tipo di trattamento, nel medio/lungo periodo poteva dare dei problemi per le differenze strutturali delle insuline (quella suina differisce da quella umana perchè ha la treonina al posto dell'alalnina come 30° aminoacido). Il problema oggi non sussiste più perchè con l'ingegneria genetica si sintetizza insulina umana.
In realtà le cellule beta del pancreas producono pro-insulina, che consiste praticamente nella molecola di insulina legata ad un peptide particolare (peptide C). Nel momento di bisogno (iperglicemia) la risposta è molto rapida perchè non è legata alla sintesi dell'insulina, ma semplicemente al distacco del peptide C.
Il peptide C in circolo è inattivo, ma è utile per fare il dosaggio dell'insulina.
L'insulina attiva i trasportatori del glucosio, il segnale insulinico determina a livello della cellula la fosforilazione di una proteina che, a sua volta, fa esprimere in membrana i canali per il glucosio, permettendo quindi l'entrata dello zucchero. Quando il segnale insulinoco cessa i trasportatori del glucosio vengono endocitati.
Esistono diversi trasportatori:
GLUT 1: si trova nelle cellule endoteliali;
GLUT 2: si trova negli organi che liberano glucosio nel sangue (es. fegato);
GLUT 3: si trova nei neuroni cerebrali, ha alta affinità per il glucosio;
GLUT 4: si trova nelle cellule che assumono glucosio in grande quantità: muscolari e adipose;
GLUT 5: si trova nell'intestino e nel ren, ma la sua fnzione non è ancora del tutto chiara.

martedì 24 novembre 2009

Corsa campestre



Domenica scorsa (22/11), Paride si è "scontrato" con la sua prima gara ufficiale, una corsa campestre, svoltasi a Savona, in un parco appositamente preparato per l'evento con un circuito di 600 m ricco di saliscendi, tutto rigorosamente "in natura", in perfetto stile campestre.
L'agitazione per la corsa, già palpabile sabato pomeriggio, è esplosa domenica mattina, con una sveglia all'alba e una parlantina addirittura più fluente e sciolta del solito (!!!).
Gli istanti prima della gara sono stati al cardiopalma, i ragazzi dovevano completare un solo giro del percorso, quindi si doveva correre forte, ma non troppo da subire gli strappi in salita, l'emozione era grande.
C'era un buon numero di bambini iscritti, tutti piuttosto navigati, con esperienza, infatti gareggiavano le annate 1998 e 1999. Paride, essendo di dicembre 99, era, come al solito, il più piccolo di tutti.
Bene, tutti sulla linea di partenza, pronti e via!!! Allo sparo c'è stata una partenza impressionante, sembrava di assistere ad un 200 m in pista.... Paride è scattato subito in testa e, con una condotta di gara a dir poco spregiudicata, ha macinato almeno 400 m davanti a tutti, filando come un treno. Poi l'acido lattico, la salita e l'inesperienza si sono fatte sentire e, sull'ultima rampa, non è più riuscito a reggere il ritmo dei più forti, finendo la gara in quinta o sesta posizione.
Si è comportato da vero campione. Ha dato tutto e quello era l'importante, ha finito stremato la gara e ha preso coscienza dei suoi attuali limiti. Ha fatto esattamente quello che doveva fare. Da vero runner!!!

domenica 22 novembre 2009

Diabete e attività fisica: seconda parte - fisiopatologia


Come abbiamo già ricordato, il tasso di glucosio circolante si aggira normalmente attorno ad un valore assai stabile (80 - 100 mg/dl sangue), con lievi oscillazioni in più dopo i pasti ed in mano in condizioni di digiuno. In condizioni di digiuno, la costanza del livello glicemico è assicurata dalla continua immissione in circolo di glucosio dal fegato, ad opera dell'enzima glucosio - 6 - fosfatasi microsomiale.
Nella sindrome diabetica la glicemia si mantiene costantemente al di sopra del valore normale e può raggiungere anche valori di 300 - 400 mg/dl di sangue.
Nelle malattie diabetiche di tipo 1 e 2, l'iperglicemia stabile è preceduta da un periodo più o meno lungo in cui si possono avere saltuari episodi iperglicemici, specialmente in rapporto con situazioni (stati emozionali, disordini alimentari, malattie infettive) che di per sè determinano iperglicemia, normalmente controllata e transitoria. Si parla allora di stato prediabetico o diabete latente: si verifica cioè una situazione di intolleranza al glucosio, che si rivela solo in condizioni di emergenza.
Possiamo rilevare questa intolleranza con la curva da carico con glucosio:
dopo somministarzione orale di una forte quantità di glucosio (1,75g/kg), nel soggetto sano la glicemia si innalza rapidamente ed altrettanto rapidamente scende per raggiungere valori inferiori a quelli basali, mentre nel soggetto diabetico, il livello glicemico, già in partenza superiore al normale, raggiunge valori molto alti e su questi resta a lungo, ritornando alla situazione precedente il trattamento in maniera molto lenta (anche dopo molte ore). Nel soggetto prediabetico si ha la tendenza al comportamento di tipo diabetico anche se su valori quantitativamente minori.
Il passaggio da prediabete a diabete conclamato è rapido nel diabete di tipo 1, mentre è graduale in quello di tipo 2 (in quest'ultimo caso con alcune manifestazioni acute di iperglicemia che ritornano lentamente ad uno stato di quiete).
Per la diagnosi di diabete la caratteristica più importante è costituita dalla glicemia a digiuno (fasting plasma glucose, FPG), esame che viene utilizzato anche a livello di screening negli individui con più di 45 anni, mentre il carico con glucosio (test orale od endovenoso) viene utilizzato come esame di secondo livello.
Criteri per la diagnosi di diabete mellito:
- sintomi del diabete associati a glicemia su prelievo ematico in relazione ai pasti > 200 mg/dl;
- glicemia a digiuno > 126 mg/dl;
- glicemia a due ore> 200 mg/dl in corso di carico orale con glucosio.
Sintomi principali del diabete:
- orinazione frequente (poliuria);
- sete eccessiva (polidipsia);
- polifagia;
- disturbi improvvisi della vista;
- formicolio o insensibilità alle mani e ai piedi;
- ferite che si rimarginano molto lentamente;
infezioni più frequenti del solito (per aumento degli zuccheri su cute e mucose, con proliferazione batterica).

Le due forme più comuni di diabete (tipo 1 e tipo 2) sono due malattie completamente diverse, sia dal punto di vista della patogenesi che della predisposizione genetica che del trattamento. Il tipo 1 ha un picco di incidenza attorno ai 10 anni , è molto grave ha un'evoluzione rapida e una forte tendenza alla chetoacidosi, mentre il tipo 2 compare spesso dopo i 30 anni, si manifesta con un andamento lento ed è, almeno per un certo periodo, più facilmente controllabile a livello dietoterapico. Nella maggior parte dei casi, il diabete di tipo 1 ha un'origine immunologica ed è dovuto, quindi, ad un attacco autoimmune contro le cellule beta del pancreas, con conseguente loro progressiva distruzione e blocco della produzione di insulina. Nel tipo 2, il pancreas è sano, così come le cellule deputate alla produzione di insulina (cellule beta). L'insulina è presente o addirittura aumentata, il problema è infatti dovuto ad una condizione di resistenza cellulare all'insulina, che può, però, nel lungo periodo, portare ad una sua insufficiente produzione. Il termine resistenza all'insulina indica una condizione in cui la risposta biologica indotta da una concentrazione "normale" di insulina nel sangue è inferiore a come dovrebbe essere. La funzione principale dell'insulina è quella di facilitare il trasporto di glucosio dal sangue alla cellula, nel caso di resistenza all'insulina per trasportare una data quantità di zucchero nella cellula occorre molta più insulina che nella norma.
Il termine sensibilità all'insulina è correlato alla resistenza all'insulina, e fornisce un indice di efficacia di una data concentrazione di insulina nel sangue: la resistenza insulinica diminuisce con l'aumentare della sensibilità.

domenica 15 novembre 2009

Diabete e attività fisica: prima parte - definizione


Sotto il termine diabete mellito sono comprese alcune sindromi, differenti tra loro per eziologia, patogenesi e decorso clinico, ma aventi tutte in comune il sintomo iperglicemia persistente a digiuno, cioè aumento della concentrazione ematica del glucosio (che in condizioni normali è compresa tra 80 - 100 mg/dl di sangue), associata a poliuria (emissione di una maggiore quantità di urina) ed a glicosuria (glucosio nelle urine) se la glicemia supera il livello di 180 mg/dl di sangue (soglia renale per il glucosio). Fino all'avento dei moderni test di laboratorio la diagnosi di diabete veniva fatta assaggiando le urine dei pazienti, se queste erano dolciastre, si dimostrava così la presenza del glucosio.
Etimologicamente il termine diabete deriva dal greco e significa "passare attraverso", mentre il termine mellito dal latino "mellitus", che significa miele, per enfatizzare rispettivamente il significato della poliuria (passaggio di acqua attraverso il rene) associata alla glicosuria (urina dolce come il miele).
Le varie sindromi di diabete mellito vengono suddivise in due grandi famiglie, diabete mellito primario e diabete mellito secondario. Quello primario comprende le due forme più importanti e diffuse e cioè:
a) il diabete mellito insulino dipendente (IDDM - Insulin Dependent Diabetes Mellitus), detto anche di tipo 1 ed indicato in passato come diabete giovanile per la precosità del suo esordio;
b) il diabete mellito non insulino dipendente (NIDDM - Non Insulin Dependent Diabetes Mellitus), detto anche di tipo 2 ed indicato in passato come diabete dell'adulto;
e altri due tipi di diabete, e cioè il diabete gestazionale che si sviluppa nel 2 - 5% di tutte le gravidanze e colpisce la donna incinta ed il feto. Per fortuna, generalmente, regredisce dopo il parto sia nella madre che nel bambino, ma durante la gravidanza può causare complicazioni; e la disfunzione della glicemia a digiuno, che distingue i casi borderline di diabete. Un livello plasmatico di glucosio compreso tra 110 mg/dl e 125 mg/dl, dopo 8 ore di digiuno, viene considerato come una disfunzione della glicemia a digiuno.
Il diabete secondario comprende altre forme di diabete mellito che si manifestano in conseguenza di altre patologie.
Il diabete mellito è una condizione patologica molto grave , non solo per la sua notevole incidenza, ma anche perchè, provocando notevoli alterazioni metaboliche, diventa responsabile col tempo della comparsa, dapprima subdola e poi chiaramente manifesta, di complicanze a carico del sistema circolatorio, del sistema nervoso, dei reni e degli occhi.
Col termine diabete insipido e diabete renale vengono indicate altre patologie, completamente diverse dal diabete mellito: il primo è una malattia caratterizzata da gravissima poliuria con emissione di urina a bassissimo peso specifico e altrettanto forte polidipsia (ingestione di acqua) ed è causato dall'assenza di ormone antidiuretico (ADH) secreto dalla neuroipofisi o dall'assenza dei recettori per questo ormone nelle cellule tubulari del rene, mentre il secondo è un'affezione caratterizzatat da glicosuria senza concomitante iperglicemia, per un difetto nel riassorbimento tubulare del glucosio.

domenica 8 novembre 2009

Una recensione


Vorrei parlare di un libro. Di un bel libro che, a mio modestissimo parere, non dovrebbe mai mancare nella biblioteca di un "vero" runner.
E' un volume del 2005, edito in Italia da Piemme (prima edizione 2006), dal titolo "ULTRAMARATHON MAN confessioni di un corridore estremo". L'autore è Dean Karnazes, runner statunitense (dalle percepibili origine greche), ultramaratoneta leggendario e uomo di punta del team "The North Face".
Non vorrei soffermarmi troppo sull'autore e sulle sue imprese visto che è facilmente rintracciabile su www.ultramarathonman.com e comunque sul libro è dato ampio risalto al suo passato e presente sportivo, ma vorrei, più che altro, cercare di raccontare il viaggio che Karnazes spiega attraverso le pagine, perchè penso che, con le dovute proporzioni, sia simile a quello che tutti i runner compiono ogni volta che mettono le scarpette per uscire a correre.
In fondo, da un punto di vista strettamente "letterario", il libro è piuttosto scontato, l'autore racconta (forse anche romanzandoci un po' sopra) la sua storia, come è arrivato alla corsa, le sue imprese (che sono veramente mirabili e degne di ammirazione e rispetto), la fatica ed i sacrifici per raggiungere traguardi impossibili anche solo per il pensiero dell' "uomo comune", la cronaca di una competizione massacrante (la Western States Endurance Run, 100 miglia, cioè 160 km da compiere possibilmente in 24 ore, attraverso i canyon e le montagne della Sierra Nevada, in California) e di altre mirabolanti avventure podistiche, la sua alimentazione e i suoi metodi di allenamento, tutta cioè roba già più o meno vista in altri testi, ma, quello che rende diverso, unico questo libro, è ciò che si vede tra le righe, l'emozione che si prova correndo è palpabile nel racconto dell'autore, quel piccolo brivido che ogni runner sperimenta quando affronta una corsa (che sia di 5 o di 50 km) emerge in ogni pagina, in ogni singola parola, è difficile spiegare a chi non ha mai corso, ma è come se al posto dell'inchiostro siano stati usati sudore, fatica, sbuffate, sorrisi, crampi, lacrime... corsa. Ecco, quello che questo libro ha di diverso è che è corsa vera. Ci si emoziona, ci si gasa, si sente male alle gambe quando si sfogliano le pagine, è vero quanto riportato da una rivista statunitense "il racconto di una bruciante passione". E' così. Perchè il running fatto con il cuore (più che con le tabelle ed il cronometro) brucia sul serio, e perchè in fondo ognuno di noi è un corridore estremo, non bisogna macinare centinaia di chilometri con le gambe per essere tali, bisogna viverli con il cuore, con l'anima, e ogni volta che infiliamo le scarpe e magari fuori fa freddo, o piove o uno dei miliardi di problemi che abbiamo quotidianamente ci sembra più insormontabile del solito, beh in quel momento anche noi siamo "ULTRAMARATHON MAN".
Ho letto questo libro quando è uscito tutto di un fiato, quasi come una 10 km, mentre adesso, lo assaporo lentamente, come una maratona, leggiucchiando qualche paginetta ogni tanto e respirandolo fino in fondo.
Mi è piaciuto molto.

domenica 1 novembre 2009

Mangiare per correre



Come alimentarsi prima di una competizione podistica di lunga durata (es. maratona)?

Beh, è sicuramente una bella domanda, alla quale non è facile rispondere in maniera specifica, ma è possibile, almeno, fissare delle linee guida generali.

Circa trenta anni fa, nasceva, e grazie ad alcune prestazioni importanti, da parte di atleti del Nord Europa, diventava immediatamente nota, una prescrizione dietetica, nota successivamente come Dieta Dissociata, che garantiva agli sportivi che si dedicavano alle discipline di resistenza, una ottimale scorta energetica per affrontare la performance.

Questo tipo di ripartizione alimentare (che illustrerò a breve) permetteva di riempire in maniera massimale (od addirittura supercompensare, cioè anche un po’ più del massimo) i serbatoi corporei di zuccheri, in modo da non avere cali energetici durante le competizioni. La dieta dissociata, consisteva, nell’ultima settimana prima della gara, in un regime povero di carboidrati per tre giorni (l’obiettivo era quello di affamare i muscoli), seguito da tre giorni con un apporto glucidico esagerato. Nei tre giorni di scarico gli allenamenti erano particolarmente intensi, mentre erano blandi nelle tre giornate di carico. Le scorte di glicogeno, il giorno della gara, erano in tal modo un po’ superiori rispetto alla norma. Lo scopo era quindi quello di ottenere una maggior autonomia chilometrica per l’atleta.

Nonostante, ormai le scienze dell’allenamento e dell’alimentazione (compreso lo stesso inventore di tale dieta, il fisiologo danese Saltin) abbiano archiviato tale pratica, essa presenta, magari con alcune varianti, ancora molti cultori, impermeabili a qualunque segnalazione di rischio ad essa associata.

Il problema dove si pone. A livello della performance si crea, a pochi giorni dalla gara, una perturbazione dell’omeostasi dell’organismo, con conseguenze dirette di depressione, irritabilità, debolezza estrema, diarrea, vertigini e altri numerosi disagi riportati in letteratura e dall’esperienza pratica. Opinione generale è che tali rischi siano decisamente superiori agli effettivi benefici.

Il mio consiglio operativo prima di una competizione è semplicemente quello di mangiare in modo equilibrato e completo, dando il giusto spazio agli alimenti glucidici per eccellenza come pasta, pane, riso (meglio se integrali) e patate; in tavola non devono mai mancare la verdura e la frutta, accompagnando il tutto con un alimento proteico preferibilmente magro.

La sera prima della gara sarà quella dedicata al carico glucidico, lasciando stare le abbuffate, che non faranno altro che appesantirci e renderci il sonno inquieto ed insoddisfacente, ma limitandoci quindi, ad una buona cena, più ricca ed abbondante del solito, con buone quantità di carboidrati complessi, frutta e verdura e una piccola quota proteica. Cercheremo di cenare presto, in modo da avere il tempo di digerire prima di coricarci.

Quindi, alla fine, le raccomandazioni sono sempre le stesse. Equilibrio, scelta di nutrienti sani, salutari e il più vicino possibile alla nostra storia, alla nostra evoluzione.

E la mattina dopo…. Correre….!