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giovedì 31 dicembre 2009

BUON ANNO!!!


Finisce questo 2009, anno che posso sicuramente definire di transizione, e si apre un 2010 con tante aspettative.
Auguro a tutti di vivere questo nuovo anno spensieratamente, in maniera istintiva, quasi infantile, per goderlo appieno, fino in fondo.
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Magari di corsa.

giovedì 24 dicembre 2009

Diabete e attività fisica: ottava parte - ruolo dell'attività fisica nel trattamento del diabete



I principali metodi di cura per il diabete sono la somministrazione di insulina (tipo 1), la dieta alimentare e l'esercizio fisico.
Il dosaggio di insulina viene regolato in maniera tale da permettere il normale metabolismo dei carboidrati, grassi e proteine. Nel caso del diabete di tipo 2 l'accento terapeutico viene posto sulla costruzione di una dieta bilanciata (eventualmente associata all'uso di ipoglicemizzanti orali) e sul controllo della composizione corporea.
Pima di descrivere il ruolo svolto dall'eserczio fisico nel trattamento del diabete vediamo come la concentrazione del glucosio nel sangue venga regolata, sia a riposo, sia durante l'esercizio fisico.

La glicemia rappresenta la principale fonte di energia per il cervello e la sua concentrazione nel sangue viene mantenuta entro limiti rigorosi per assicurarne un apporto costante. Se la glicemia si abbassa, il glucagone (ormone antagonista dell'insulina, secreto dal pancreas) stimola il fegato a rilascire glucosio (glicogenolisi) per riportarla alla normalità. Se la glicemia è troppo elevata (es. dopo pranzo), come abbiamo già detto, tocca all'insulina intervenire per riportare l'omeostasi.
Durante l'esercizio, il fegato deve liberare una quantità maggiore di glucosio (grazie all'aumento della secrezione di ormoni controregolatori, glucagone, adrenalina e, se l'esercizio dura a lungo, anche cortisolo e GH), per sostituire quello consumato dai muscoli, che lo hanno utilizzato come combustibile per la produzione di energia. Per facilitare questo processo, in corso d'esercizio, il livello di insulina nel sangue diminuisce, ed aumenta quello di glucagone; questi adattamenti permettono la liberazione di glucosio dai depositi.
E' importante notare che durante e (per un certo periodo) dopo l'esercizio fisico, i muscoli presentano una sensibilità insulinica più elevata; ciò vuol dire che il glucosio viene assorbito più velocemente a livello muscolare. Questa accresciuta sensibilità insulinica è uno dei motivi che rendono utile l'esercizio nel trattamento del diabete.
ESERCIZIO FISICO E DIABETE
Anche se non disponiamo di dati definitivi che indichino che uno stile di vita fisicamente attivo possa prevenire il diabete (anche se da un punto di vista "evolutivo" l'uomo è nato e si è formato con il movimento, quindi è abbastanza normale pensare che con il movimento esso possa conservarsi in salute), la maggior parte dei medici concorda nel ritenere l'attività fisica un elemento fondamentale del piano di trattamento (l'attività fisica costante permette di eliminare il glucosio nel sangue, garantendo un riequilibrio dello stesso; il muscolo in movimento consuma glucosio 20 volte di più rispetto ad un muscolo fermo).
L'esercizio fisico, specie se aerobico (ma non esclusivamente), è quindi, parte integrante del piano di cura del diabete mellito.
La prima osservazione storica sull'argomento risale alla prima metà del 1800 ed è presente nel libro "Memorie di un diabetico" in cui l'autore, medico e diabetico, riferiva che dopo un pasto abbondante (accompagnato da un buon vino) era solito percorrere di corsa i boulevard di Parigi, ricavandone grande giovamento sul suo fisico.
La prima osservazione scientifica, invece, risale al 1926 (5 anni dopo la scoperta dell'insulina da parte di Banting), anno in cui Lawrence, medico inglese e diabetico, pubblico sul British Medical Journal un articolo in cui dimostrava su se stesso che un'iniezione di 10 unità di insulina produceva un abbassamento glicemico molto maggiore e più rapido se era seguita da un esercizio fisico piuttosto che se si restava a riposo.
Per il sinergismo d'azione del lavoro muscolare e dell'insulina, l'esercizio fisico venne quindi considerato un "pilastro" della terapia del diabete (1959).
Negli anni 70 - 80, il miglioramento degli schemi terapeutici fece un po' dimenticare l'importanza dell'esercizio, nell'ultima decade del 1900 e in questi primi anni del 2000, invece, l'attenzione del mondo medico si è focalizzata sulla qualità della vita e dunque anche su un aspetto non secondario di essa, quello dell'attività fisica e sportiva (nella fattispecie è da evidenziare nel nostro paese la presenza dell'ANIAD - Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici), anche grazie alla presenza di figure competenti e professionali come i laureati in Scienze Motorie e in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattative.
Ricordiamo anche che, oltre all'importanza "fisica" dell'esercizio nella terapia del diabete mellito, esiste anche una fondamentale valenza psicologica, collegata all'aumento del senso di benessere e di sicurezza e quindi alla diminuzione di ansia e depressione, con maggiore senso di autostima e sensazione di "potenza" nei confronti della malattia.
Le attività fisiche adatte al diabetico (soprattutto se non sportivo, ma che si avvicina al movimento-terapia) sono quelle di tipo aerobico, specie se effettuate ad intensità media, perchè dal punto di vista metabolico vengono svolte utilizzando a scopo energetico una miscela di acidi grassi e glucosio, intaccando così solo in minima parte le scorte di glicogeno epatico con, quindi, alta resa energetica, minor rischio di ipoglicemia e riduzione dei lipidi ematici e del rischio cardiovascolare. Quindi camminate, bicicletta, nuoto, corsa, sci di fondo... praticate almeno tre volte a settimana (meglio sarebbe quotidianamente) per circa 30 - 45', tenendo sotto controllo l'intensità dell'allenamento che non dovrebbe superare il 70% del massimo consumo di ossigeno (circa l'80% della massima frequenza cardiaca). questo tipo di attività è assolutamente praticabile in palestra, sotto la guida attenta e responsabile di un trainer preparato.
Una consapevole attività sportiva si può effettuare anche in presenza di eventuali INIZIALI complicanze. L'obiettivo è quello di contribuire al mantenimento di un'accettabile qualità della vita evitando, però, di sovraccaricare o addirittura danneggiare l'organo sede della (o delle) complicanze.

Diabete e attività fisica: settima parte - complicanze del diabete mellito


Le due distinte condizioni morbose descritte (diabete mellito di tipo 1 e 2) hanno in comune il fatto di provocare un innalzamento dei livelli glicemici e provocare alterazioni a carico di numerosi organi ed apparati.
Una complicanza molto frequente è l'aterosclerosi (macroangiopatia diabetica), la cui comparsa ed evoluzione risultano favorite non solo dalle alterzioni del metabolismo lipidico (glicosilazione di HDL e LDL), ma anche dal fenomeno della glicosilazione delle proteine presenti sulla membrana basale della tonaca intima della parete arteriosa. E' responsabile dell' 80% delle morti.
L'aterosclerosi interessa prevalentemente le arterie coronarie, quelle cerebrali, quelle delle estremità nonché quelle del microcircolo, inducendo, in questo caso, la cosidetta microangiopatia diabetica, vasculopatia tipica del diabete mellito (95% dei pazienti con diabete manifesto).
Altre complicanze riguardano i reni (nefropatia diabetica, insufficienza renale cronica ed infezioni urinarie), gli occhi (oculopatia diabetica con opacizzazione del cristallino - cataratta - riportabile forse ad una glicosilazione delle proteine del cristallino), il sistema nervoso (neuropatia diabetica, alterazioni della sensibilità e della propriocezione) e lesioni dei piedi (piede diabetico, ulcerazioni) che, in genere, sono conseguenza delle modificazioni fisiopatologiche delle altre complicanze (soprattutto neuropatia e angiopatia), che agiscono come fattori predisponenti nell'azione di agenti lesivi esogeni.

sabato 19 dicembre 2009

Run&motion si ferma per le vacanze...


Allora... martedi scorso (15/12), si è corso l'ultimo run&motion del 2009. Giornata che definire fredda è forse farle un complimento, periodo vacanziero/natalizio/regalifero, qualche piccolo infortunio per qualcuno (Linda, Marina e Paride con qualche lieve problemino di gola, Luca con la schiena ballerina), qualche contrattempo un po' più importante per altri (vero Miri?), in definitiva, 15' prima della partenza non si era ancora presentato nessuno. Bugia. Uno c'era, il mitico Gianni "The Bank" Pandoro, dopo una pacata (!!) discussione con la sua (adorata) mogliettina (Lucy...) che cercava di dissuaderlo dal cimentarsi nella prova podistica, alzava la mano e si dichiarava presente e pronto ad affrontare le intemperie.
Che fare... Sicuramente, la situazione non invogliava ad uscire.
Però, c'è sempre un però, nel giro di pochi minuti l'ambiente cambia radicalmente... arriva Matteo che dimenticandosi dell'uscita outdoor, si rassegna a correre sul tappeto (aveva con sé solo pantaloncini e canotta) e, alla spicciolata, si presentano Luciano "The Worker" Callegarin, Paolo "Law & Order" Rilla e Davide "Tiger Man" Badano. Il dado è tratto. Ci si cambia alla svelta e, affiancato dai miei quattro fidi moschettieri Gianni, Davide, Luciano e Paolo (a rischio, in quanto appena uscito da un ciclo di antibiotici... ciò che non ci uccide ci rende più forti...), ho condotto questa ultima uscita targata 2009.
Che dire, forse il freddo pungente, forse l'armonia creatasi nel piccolo gruppo, forse che i miei moschettieri sono (finalmente) entrati in forma, o forse un po' di tutto ciò, ma abbiamo divorato i 5,5 km del percorso in poco più di 30'. Una prestazione da record, che rimarrà nella nostra memoria per parecchio tempo...

Saluto questo 2009 che ha visto a settembre la nascita di run&motion, quasi in sordina, ma che ha visto anche, in brevissimo tempo, la sua esplosione (uscite con una ventina di persone!!!!), diventando, almeno per me, l'appuntamento più atteso della settimana "palestrifera".
Un bocca al lupo a Mirella. Ti aspettiamo!!!

domenica 13 dicembre 2009

Diabete e attività fisica: sesta parte - aspetti della sindrome diabetica


Per comprendere come le numerose manifestazioni patologiche fanno la loro comparsa nei pazienti affetti da sindrome diabetica è necessario tenere presente che esse derivano da gravi turbe del metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine con estensioni al ricambio idro - elettrolitico e con interferenze reciproche.
La deficienza di insulina (tipo 1) o la mancata ricezione cellulare del segnale di cui questo ormone è messaggero (tipo 2) provoca essenzialmente:
- riduzione della penetrazione intracellulare e dell'utilizzazione di glucosio che, quindi, si accumula nel sangue (iperglicemia);
- riduzione del contenuto proteico per trasformazione degli aminoacidi glucogenetici delle proteine con conseguente aumento della glicemia;
- incremento della lipolisi che comporta mobilizzazione dei lipidi dai depositi ed alterazioni del metabolismo lipidico.
Da quanto è stato detto si deduce che l'iperglicemia è il sintomo chiave della sindrome diabetica in quanto comporta un vero e proprio spreco di glucosio che si aggrava ulteriormente al superamento della soglia renale, con passaggio di zucchero nelle urine.
La carenza di glucosio in sede intracellulare fa sì che venga esaltata la lipolisi così che nel sangue vadano riversati gli acidi grassi che, quindi, raggiungono il fegato.
Qui seguono due destini biochimici, vengono esterificati in trogliceridi ed incorporati nelle lipoproteine e nuovamente mobilizzati nel sangue, oppure vengono ossidati ed utilizzati nei mitocondri (centrali energetiche cellulari). La conseguenza di questa seconda via è la formazione in eccesso di alcuni metaboliti dei grassi, ed in particolare i cosidetti corpi chetonici (ac. acetoacetico, acido beta-idrossibutirrico, acetone), che vanno ad accumularsdi nel sangue (chetonemia), dove, ac. acetoacetico e beta-idrossibutirrico (che sono acidi forti) rilasciano idrogenioni, deteerminando uno stato di acidosi metabolica (chetoacidosi). I corpi chetonici che si formano in eccesso nel tipo 1 vengono eliminati con l'urina (chetonuria).
La situazione è aggravata del fatto che la presenza dei suddetti ac. forti nel lume dei tubuli richiama, dal sangue, lo ione sodio, insieme al quale essi passano nell'urina. Diminuisce, in seguito a ciò, la concentrazione di sodio nel sangue, nel qual viene sostituito da idrogenioni, con conseguente aggravamento dello stato di acidosi. Se questa non viene compensata, possono intervenire il come diabetico e la morte.
Per quel che riguarda il metabolismo proteico, l'eccessiva neoglucogenesi comporta una riduzione delle masse muscolari per depauperamento di proteine, fenomeno questo che, insieme alla ridotta o mancata utilizzazione del glucosio è responsabile della sensazione di fame che induce polifagia.
C'è da ricordare, parlando di proteine, che esse sono danneggiate dall'eccessiva presena di glucosio nel sangue, tramite il fenomeno biochimico noto come glicosilazione (reazioni di Maillard o di imbrunimento, con formazione dei prodotti di Amadori, che a loro volta formano strutture irreversibili - AGE - che si legano alle proteine adiacenti), in conseguenza del quale viene alterata la funzione di proteine enzimatiche e strutturali generando complicanze.
La prima proteina glicosilata scoperta nei diabetici fu l'emoglobina (alterata nella sua catena beta). In realtà una piccola quantità di emoglibina glicosilata è presente anche nel sangue dei soggett sani, ma la concentrazione di essa aumenta considerevolmente in quello dei pazienti diabetici, tanto che il dosaggio dell' emoglobina glicosilata (valori normali inferiori al 6%) viene frequentemente incluso fra le prove di laboratorio che si effettuano per porre la diagnosi di diabete mellito e della gravità dello stesso.

lunedì 7 dicembre 2009

Diabete e attività fisica: quinta parte - diabete mellito di tipo 2


Questa patologia si differenzia dalla precedente essenzialmente per le seguenti ragioni:
- esordio tardivo (oltre 40 anni);
- colpisce preferibilmente soggetti obesi o in forte sovrappeso;
- non è presente in parti del mono dove si soffre la fame od in cui la vita media è corta (era scomparso durante le Guerre Mondiali);
- non è una malattia autoimmune;
- presenta una notevole familiarità (concordanza fra gemelli omozigoti del 90%).
Le cause dello sviluppo di tale patologia si possono comprendere bene tenendo presente che esso colpusce soggetti sovrappeso od obesi che sono tali in conseguenza di una lunga abitudine all'iperalimentazione.
Questa comporta una maggior assunzione alimentare di carboidrati con conseguente iperglicemia che stimola la produzione di insulina, inducendo iperplasia delle cellune beta e determinando un aumento della concentrazione ematica dell'ormone (iperisulinemia). Questa condizione si riflette in una minor sintesi dei recettori per l'insulina e in una riduzione della loro capacità di legare questo ormone a causa del fenomeno denominato down regulation. Si riduce conseguentemente la possibilità di rifornimento cellulare di glucosio probabilmente aggravata, in alcuni casi, anche da altri difetti collegati al meccanismo d'azione dell'insulina e da problemi relativi al trasporto di glucosio attraverso la membrana da parte dei GLUT.
Tali situazioni possono portare ad un esaurimento delle cellule beta con possibilità di evoluzione verso il diabete di tipo 1.
Caratteristiche del diabete di tipo 2:
- è insulino indipendente;
- è molto frequente (85 % dei casi di diabete);
- non è chetoacidosico;
- può essere controllato con lo stile di vita;
- è provocato dal tipo di alimentazione e dal sedentarismo;
- è in costante aumento nel mondo (si calcola che nel 2020 vi saranno circa 250 milioni di persone malate);
- è gravato da una mortalità elevata per malattie cardiovascolari.