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Amici

mercoledì 28 novembre 2012

Jovanotti - Salvami


La storia ci insegna che non c'è fine all'orrore.. la vita ci insegna che vale solo l'amoreeeee!!!!!

Tratto da “2187 – le Cronache” di Fred&Rick Asaacni



Lo sguardo vuoto fissa l’enormità dello spazio, nessun pensiero in testa, il silenzio assoluto lo spinge in un oblio dal quale non vuole destarsi. L’ultima battaglia ha lasciato segni indelebili, segni che adesso chiedono il conto.
“Wolf! Wolf! Rispondi per dio, dove ti sei cacciato” la voce cavernosa del sergente lo riporta per un istante alla

realtà. “Ah sei qui, dannazione, ti cercano tutti! Ma cos’hai? Cos’è quella faccia?”.
Sarebbe tentato di non rispondere all’amico, ma il desiderio di sfogarsi con qualcuno è grande; il sergente Wit è la persona adatta, si conoscono da sempre, amici da più tempo di quanto ne riesca a ricordare.
“Ho una tempesta dentro di me…” la voce, quasi tremolante, esce inconsapevole, “ho una tempesta dentro di me”…
“Ma piantala” Wit appoggia una mano sulla spalla dell’amico, “le tempeste, per quanto violente, prima o poi si placano, ed esce sempre il sole, lo sai”.
Wolf si alza, si avvicina alla finestra della navicella, in viaggio ormai da troppo tempo, “io ho ucciso il sole”.
Le lacrime cominciano a solcare profonde il viso del vecchio capitano. “Ahahahahah, piangi come una donnicciuola ahahahahahaha”, solo Wit potrebbe permettersi un affronto del genere, solo lui può trattarlo come un suo pari, il rapporto che li lega è così intenso che sono come fratelli. “Il sole non può morire, se ha brillato una volta, lo farà per sempre… magari adesso è coperto dalle nubi tempestose, magari adesso si nasconde, magari non hai pazienza per cercarlo o per aspettarlo, ma il sole non può morire ahahahahaha, Wolf, sei un fottuto idiota, ahahahahah”. Wit si avvicina e scuote l’amico, il suo capitano, “il sole c’è e ci sarà per sempre, e tornerà a scaldarti, devi solo aver pazienza. Dai che abbiamo un lavoro da fare, ti aspetto in sala comandi”.
Wolf alza il capo, si asciuga le lacrime “ho un lavoro da fare, Wit ha ragione”… “il sole non può morire…” e mentre corre verso la plancia di comando sorride…

venerdì 23 novembre 2012

Uomo Lupo




E’ passato troppo tempo dall’ultima trasformazione. Ciò che mi rendeva uomo è raccolto in una sfera sempre più piccola, racchiusa nella parte profonda del mio essere. Non che mi dispiaccia.
Corro veloce, le zampe sfiorano il terreno umido mentre una moltitudine di odori e sensazioni invade il mio sistema nervoso, primitivo, ma efficiente. Salto, inarrestabile, da una roccia all’altra, mentre ricordi ancestrali di lotte, sangue e  branco invadono la mia mente. Mi rendo conto che sto diventando sempre più lupo, e sempre meno umano. Il barlume di coscienza che mi rimane prova ad opporsi a questo mutamento. Invano. Sul ciglio del burrone volgo lo sguardo a quella sfera pallida nel cielo. Mi sembra di averla chiamata luna, un tempo, un luogo che non ricordo. Un ululato ferale e selvaggio scaturisce da dentro di me, riprendo a correre all’impazzata esaltato da ciò che percepisco. Devo ritrovare il branco, sento i loro odori, hanno paura, qualcosa li minaccia. L’uomo. Quello che ero un tempo, che tutto distrugge, che tutto annienta.
Aumento la velocità, al mio passaggio la natura si piega, con rispetto; reciproco.
Ecco il branco, non ha paura, è un’altra sensazione, non la so spiegare; non più. Ecco l’umano. Non è minaccioso, è gentile, è vicino ad un cucciolo. Il resto del branco è in guardia, ma non attacca; il mio ringhio scuote l’atmosfera. E’ un umano femmina. Qualcosa si modifica dentro di me quando i nostri sguardi si incontrano, i suoi occhi così profondi scuotono la mia coscienza e risvegliano qualcosa di sopito. Mi guarda come se mi conoscesse, sono quasi paralizzato; alzo il pelo in segno di minaccia. Prendo il cucciolo nella mia bocca, e con un gesto del capo ordino al branco di andare. Mi volto un’ultima volta a guardare quegli occhi, nei quali mi perdo per un attimo e corro nel bosco.
Lascio il cucciolo al resto del branco, al riparo. C’è qualcosa che non va in me, provo a correre, ma non riesco, non più come prima. Mi blocco, guardo la palla nel cielo, l’ululato perde di forza e si trasforma in un urlo di dolore.  Luna, si, la palla nel cielo si chiama luna. Mi alzo in piedi, su due gambe. Ora ricordo quegli occhi, ora ricordo. Sono uomo. Sono lupo.

giovedì 15 novembre 2012

Lo Zen e l'arte della scienza Osteopatica



 
 
 
 
Con il termine Zen ci si riferisce a un insieme di scuole buddhiste giapponesi che derivano per dottrine e lignaggi dalle scuole cinesi del Buddhismo Chan a loro volta fondate, secondo la tradizione, dal leggendario monaco indiano Bodhidharma:
“Una speciale tradizione esterna alle scritture
Non dipendente dalle parole e dalle lettere
Che punta direttamente alla mente-cuore dell'uomo
Che vede dentro la propria natura e raggiunge la buddhità”
L'Osteopatia è una medicina complementare che tratta disfunzioni fisiologiche attraverso un particolare tipo di manipolazione (manipolazione osteopatica). Lo scopo dell'Osteopatia è quello di riportare una situazione non fisiologica entro dei limiti di normalità fisiologici: i sette più importanti principi dell'osteopatia, largamente accettati all'interno della comunità osteopatica sono:
1. Il corpo è una unità.
2. La struttura e la funzione sono reciprocamente inter-correlate.
3. Il corpo possiede dei meccanismi di autoregolazione e autoguarigione (omeostasi).
4. Quando la normale adattabilità è interrotta, o quando dei cambiamenti ambientali superano la capacità del corpo di ripararsi da sé, può risultarne la malattia.
5. Il movimento dei fluidi corporei è essenziale al mantenimento della salute.
6. Il sistema nervoso autonomo gioca una parte cruciale nel controllare i fluidi del corpo.
7. Ci sono componenti somatiche della malattia che sono non solo manifestazioni della malattia, ma anche fattori che contribuiscono al mantenimento dello stato di malattia.
Questi principi non sono ritenuti dai medici osteopati leggi scientifiche, né contraddicono i principi medici; sono insegnati come fondamenti della filosofia osteopatica riguardo alla salute e alla malattia. Fino ad ora si è ignorato il vero significato del termine Osteopatia, che etimologicamente deriva da "Osteon -osso, Pathos-sofferenza". Questo termine nella sua essenza indica che sia la salute che la malattia dipendono dallo stato di efficienza dell'apparato locomotore (mobilità - salute; immobilità - malattia). Osteopata, in lingua inglese (Osteo-path) indica colui che agisce terapeuticamente sul corpo umano attraverso "il sentiero" delle ossa.
Semplicemente analizzando queste definizioni, probabilmente nemmeno troppo precise, (comunque le trovate su Wikipedia, e sui portali tuttosteopatia.it, osteopatia.it, zenhome.it) si riesce ad intuire come l’essenza della spiritualità Zen trovi un rapporto profondo (quanto profondo dipende dalla sensibilità individuale) con la filosofia Osteopatica. Trovare una precisa e particolare unione mente – corpo per raggiungere la salute fisica e spirituale.
La bellezza dello Zen risiede, in termini spiccioli, nell’immergersi direttamente nel quotidiano e realizzando sé stessi nell’esperienza diretta delle cose. La piena consapevolezza del “qui e ora”, la potenza ancestrale dell’istinto, la visione del mondo “così com’è”, la via della meditazione.
Il fascino dell’Osteopatia è racchiuso nel suo “non curare”, nell’aiutare il corpo a trovare una sua soluzione, la sua via di guarigione (il “sentiero” dell’osso), ascoltandolo (mani che sentono), immergendosi completamente in ciò che si sta facendo (qui e ora…), non basandosi sul sintomo ma sulla causa che l’ha generato. La filosofia osteopatica considera l'uomo come una unità di funzione, nella malattia come in salute tutte le parti del nostro corpo (muscoli, ossa, visceri o i diversi sistemi, circolatorio, nervoso, ecc.) lavorano in armonia per raggiungere e mantenere il benessere psicofisico.
Studiando l’Osteopatia si rimane colpiti. Non c’è niente da fare. Mi consideravo più o meno impermeabile a coinvolgimenti di questo tipo, ed invece sono rimasto prigioniero di questa rete. Non riesco a spiegarlo bene, ed in effetti il parallelo che ho fatto con la filosofia Zen, mi potrebbe aiutare a trovare un motivo a questa ipnotica cattura. Il mio vissuto, la mia interiorità hanno fatto si che calarmi “anima e corpo” in questa avventura fosse un passo naturale della mia esistenza, quell’essere profondamente (o almeno provarci) presente in ogni cosa che faccio, quel tentativo di seguire il sentiero Zen (svincolato da legami religiosi o politici, ma semplicemente rapportato al mio essere spirituale) è lo stesso tentativo di seguire una strada di miglioramento. In generale, nel lavoro, nella vita, nei rapporti… Quel sentiero è lo studio della “scienza osteopatica”, dove ho trovato una sfida difficile, (difficile, ma possibile), uno stimolo eccitante, un brivido bollente di energia.
Non so se riuscirò mai a diventare un Osteopata (o un bravo Osteopata), ma il fatto di poter sfiorare questa via mi riempie di orgoglio e soddisfazione, comunque. Mi insegna a guardare le cose da una prospettiva diversa, ad usare il “pensiero laterale” (l'osservazione di un problema da diverse angolazioni), a dare il giusto peso agli eventi, a vivere adesso, in maniera istintivamente, profondamente Zen, in comunione perfetta con il mio passato, con il mio presente, con il mio futuro. Sono sicuro di aver scelto la strada meno battuta. Sono sicuro di poter diventare una persona migliore.
Federico Saccani

giovedì 8 novembre 2012

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