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domenica 3 agosto 2014

TRAIL RUNNING E CORSA … BINOMIO IMPOSSIBILE?





Oggi metto decisamente alla prova la vostra voglia di leggere. E’ un lavoro che mi è costato parecchio tempo, ma che ho affrontato con estremo interesse. Spero sia interessante anche per voi. Buona lettura.


TRAIL RUNNING E CORSA … BINOMIO IMPOSSIBILE?


Il titolo, evidente provocazione, è solamente un modo per attirare l’attenzione su di un argomento a me molto caro (dovrebbe essere caro a tutti, perlomeno tutti i miei colleghi), la prevenzione degli infortuni in ambito sportivo. 


Praticare Trail running adesso è tendenza, moda. Il definirsi “Trailer”, per molti, è un qualcosa che fa “figo”, al di là delle proprie capacità del proprio grado di allenamento o della condizione di forma fisica. Se poi il “Trailer” è “Ultra”, oddio, l’apoteosi dalla “figaggine”, il top player sportivo per eccellenza, colui verso il quale tutti noi comuni mortali miriamo, un’elite alla quale appartenere … obbligatoriamente. Di questo bisogna prenderne atto.


Questo esordio, così, tra il serio ed il faceto (più verso il serio ;-) ), introduce, ironicamente, la descrizione del moderno “corridore in natura”, generalizzando, ovviamente, in modo da far rientrare nel discorso (che poi sarà serio davvero) più persone possibili.


Il poter far parte di un “movimento”, il poter apparire in un determinato contesto, l’indossare un certo tipo di abbigliamento, l’essere riconosciuto come appartenente ad un determinato gruppo sociale (leggasi in questo caso “praticante una disciplina sportiva”), indubbiamente ha il suo fascino, è seducente e spesso aiuta a dimenticare i propri mezzi (fisici e mentali), il proprio grado di preparazione, la propria fisicità, il proprio “talento” (inteso come attitudine a praticare un’attività sportiva), il proprio stile di vita e via discorrendo, rendendo, nell’immaginario collettivo, una disciplina seria e impegnativa come quella che prendiamo in esame oggi, banale e alla portata di tutti, anche senza una preparazione specifica che sia multilaterale, multifattoriale, completa ed intensa.


Siccome noi non la pensiamo così, proviamo a mettere giù un paio di idee e vedere cosa riusciamo a tirarne fuori …


Partiamo dalla mia (sottolineo, mia) definizione di Trail Running:
-Copio pari-pari una definizione da Wikipedia: “Il trail running è una specialità della corsa a piedi che si svolge su sentieri in natura (montagna, deserto, bosco, pianura e collina) con tratti di asfalto limitati, che al massimo e in ogni caso non devono eccedere il 20% del totale della corsa”.
Ora faccio un respiro.
Chiudo gli occhi e provo a visualizzare, a perdermi nei pensieri, a cercare dentro di me…
"Non è più un respiro, è un soffio, un rantolo, faticoso, ma rassicurante. Mi ricorda di essere. La pendenza del sentiero, o di quello che ne rimane continua ad aumentare, tanto che sono costretto a rallentare sensibilmente la velocità. Cammino, riprendo a corricchiare, cammino, riprendo a corricchiare in un’altalena di emozioni affascinante ed inesauribile, con l’unica certezza del battito del cuore come colonna sonora di quello che non è un film, ma bensì lo spettacolo del corpo che vive, del corpo che si muove, del corpo che gode di un’ancestrale passione.
Il paesaggio cambia lentamente, piccoli segnali, inconfondibili, mi spiegano che sto raggiungendo la cima. Sempre più roccia a segnare il percorso, pietre limate da eoni di eventi atmosferici rendono palpabile la piccolezza di ciò che siamo, un salutare bagno di umiltà per l’essere umano e per il suo delirio onnipotente; un inchino ed un ringraziamento alla natura per avermi reso, un istante, partecipe della sua maestosità e splendore. Mi fermo. Guardo ciò che mi circonda. Uno scatto e mi porto sul punto più alto, su quel massiccio che sembra stato piazzato lì apposta, quasi un invito a salirci sopra. Spalanco le braccia; gli occhi chiusi a godermi la sensazione di vuoto e allo stesso tempo di riempimento, di ricarica. Un urlo primigenio mi avvolge e rende unico quell’attimo di estasi, fusione perfetta tra quello che sono e quello che ero. E quello che sarò.
Riprendo la mia corsa, mi muovo tra le difficoltà del percorso come un animale, finalmente libero, finalmente a casa. Non mi interessa il tempo, la velocità, il chilometraggio. Sono me stesso, la parte più profonda di me, la parte più vera…"
 Trail running… senza definizioni, che servono solo a riempire giornaletti e cataloghi. Fusione completa tra uomo e natura, un ritorno a casa, un ritorno alla vita. Il resto è solo moda, un apparire che non ha niente a che vedere con queste sensazioni.
Mescolarsi con la propria primordiale essenza, vivere esperienze mistiche, sciamaniche. Tornare all’origine… tenere il mondo in un granello di sabbia…
Il resto sono solo parole…-


Se si è perso un paio di minuti per leggere approfonditamente questa “definizione”, si avrà, almeno in parte, intuito il mio pensiero; parliamo di un’attività che esce un po’ fuori dagli schemi e che bisogna vivere con una capacità introspettiva particolare, con una sensibilità d’animo profonda, ma soprattutto, con una preparazione fisica (e mentale) adeguata. Ecco perché prima si parlava di lavoro multifattoriale e multilaterale, perché le sfere coinvolte sono molteplici e tutte hanno bisogno di essere allenate.


Ok, il lettore attento si chiederà dove voglio andare a parare; mah, non ne sono ancora sicuro nemmeno io, vediamo andando avanti cosa succede …


Proviamo un azzardo. Proviamo a definire la corsa. Si, avete capito bene, proviamo a dare una definizione “accademica” di corsa, che cos’è in termini “ginnastici, atletici” la corsa.


I primi anni di università avevo un professore di “Teoria, Tecnica e Didattica dell’Atletica Leggera” di altissimo livello, Angelo Zamperin, Tecnico federale Fidal, allenatore di campioni di salto in alto, responsabile del salto in alto a livello nazionale (Antonietta Di Martino e Nicola Ciotti tanto per fare un paio di  nomi di atleti olimpici), maniaco delle definizioni che, immancabilmente non sapevamo, e lui invece voleva precisissime. Provo a scavare negli archivi della memoria (ci sono cassetti chiusi a chiave e sigillati col lucchetto …) e mi esibisco con un: Corsa à andatura composta da una successione di passi intervallati da una fase di volo (terribile, da bocciatura all’esame). Per farla breve una più o meno rapida successione di balzi, dove i piedi non sono mai a terra contemporaneamente (cosa che invece avviene nel cammino).


Non ci avevate mai pensato, dite la verità. Perché un certo tipo di “locomozione” possa definirsi corsa, necessita di una fase aerea, di un momento di volo … correre è un po’ come volare no? Stiamo arrivando al dunque, lo sento. 


Quindi se mi muovo di corsa ho bisogno di una fase di volo, ne segue che ho sicuramente bisogno di una minima velocità per produrre questo “momento aereo” e per fare in modo che il mio spostamento sia efficace, che la mia corsa sia dunque propulsiva.


La conclusione di questo ragionamento è che la corsa per essere tale deve essere, in senso lato, veloce; per qualcuno molto, per altri meno, ma in generale si deve raggiungere almeno una minima velocità.


Quale è questa velocità minima, discriminante tra corsa e “non corsa”?


Gli studi sono tutti più o meno concordi nello stabilire questa, chiamiamola velocità critica (mi piace, è un termine che fa tanto ricerca scientifica di alto livello, mi gasa) tra i 7 e gli 8 km/h (Fisiologia Umana AAVV Edi Ermes 2002), velocità dove il cammino veloce perde la sua efficienza (maggior consumo energetico e maggior rischio di infortuni) e viene sostituito dalla corsa lenta. Per dare un valore preciso, prendiamo per buono (sicuri di non discostarci troppo dalla realtà) il valore minimo per considerare un tipo di locomozione “corsa”, di 8 km/h. Apro una piccola parentesi: stiamo ragionando su persone “normali” e non su atleti di livello e/o esperti esecutori tecnici di discipline atletiche, ovviamente; per gli amanti delle statistiche in una competizione olimpica di marcia si viaggia mediamente tra i 14 e i 15 km/h, velocità che la maggior parte delle persone faticherebbe a tenere di corsa … Chiusa parentesi.


Eccoci, infine. Vediamo di comporre il puzzle: prevenzione infortuni in ambito sportivo (corsa in questo caso), Trail Running, mancanza di allenamento. Uniamo il tutto, mescoliamo con calma, a fuoco lento ed ecco il risultato:


Ho fatto un’analisi di dodici competizioni di Trail Running (di lunghezze e dislivelli diversi), svoltesi nel periodo compreso tra febbraio e luglio 2014, considerando i tempi e le velocità medie dei vincitori maschili e femminili, dei decimi classificati assoluti, dei centesimi classificati assoluti e dei centocinquantesimi classificati assoluti (queste ultime due posizioni di classifica, dove ovviamente il numero di iscritti le prevedeva). 


Obiettivi dell’analisi: dimostrare l’ipotesi (già manifestata nel titolo del presente) di una mancanza di correlazione tra competizioni di Trail Running e la definizione di corsa vera e propria. Evidenziare come queste competizioni siano svolte a ritmi tali che l’efficienza di locomozione sia svantaggiosa per l’essere umano e quindi lo predisponga ad un maggior rischio di infortuni per sovraccarico interno (SNC, sistema muscolo-scheletrico, sistema immunitario), evidenziare come un’accurata preparazione fisica e mentale possa invece ovviare a tali condizioni.


Precisazioni: Il presente non è uno studio scientifico, non sono stati raccolti campioni e fatte analisi sui partecipanti alle competizioni, è semplicemente un controllo di alcuni parametri ed un riferimento alla letteratura scientifica in merito per trarre delle conclusioni assolutamente personali. Non si vuole nella maniera più assoluta mettere alla “gogna” o deridere alcuno, anzi viene caldeggiata un’attività motoria costante e anche intensa, purché adeguatamente preparata e vengono valorizzate le performance di chi, meno allenato, meno talentuoso, ecc …, si cimenta in imprese simili. Ovviamente siccome ci occupiamo di allenamento, di “Human performance”, di benessere e salute, non possiamo rimanere indifferenti ad alcuni dati, a nostro parere, oggettivi, cerchiamo quindi di evidenziare quelle che possono essere delle mancanze che, con un po’ di buona volontà ed impegno, possono essere colmate e portare conseguentemente degli enormi vantaggi nell’ambito della prevenzione agli infortuni.


Adesso inizia la parte un po’ più pallosa … mi sono addormentato anche io scrivendola !!!! Tenete duro, sono solo poche righe ;-) .


Diventa difficile schematizzare, raccontare con i numeri, uno sport che è tutta emozione. Non voglio nemmeno farlo, mi piace pensare, però che questo “lavoro” ci possa aiutare a godere appieno quello che il trail è in grado di offrire.


Gare prese in esame: (1)Val Maremola Trail: 24 km/1500m D+; (2)Maremontana Lunga: 45 km/2500m D+; (3)Maremontana Corta: 23 km/1350m D+; (4)BergTrail: 25 km/1200m D+; (5)Trail Aschero Lungo: 33 km/1500m D+; (6)Trail Aschero Corto: 20 km 1000m D+; (7)Gran Trail Rensen Lungo: 60 km 4000 m D+; (8)Gran Raid du Cro-Magnon 126 km 7800m D+; (9)NeanderTrail 50 km/3000m D+ 3300m D-; (10)Sestriere Trail Lungo: 50 km/2600m D+; (11)Sestriere Trail Corto: 18 km 700m D+; (12)5 Ponti Trail 18 km/1000m D+.


Tutti i dati sono stati presi da www.wedosport.net o dai siti ufficiali delle gare.


N.B.: Le gare in esame NON possono essere assolutamente comparate tra loro. Il Trail Running è disciplina particolare, i tempi di percorrenza risentono del tipo di percorso (non sempre un maggior dislivello rende un trail più lento), della caratura dei partecipanti, della stagione in cui si svolge, delle condizioni meteo della giornata e delle giornate precedenti, della condizione dei sentieri,  dei rifornimenti idrico-alimentari e di chissà quante altre variabili. Nella selezione delle gare ho cercato di prendere come esempio un numero maggiore di gare che, in genere vengono considerate “corte” e quindi alla portata di tutti (15 – 25 km), ma che invece sono già piuttosto lunghe e come vedremo, tutt’altro che facili. Ho inserito anche qualche “ultra”, che in gergo vuol dire competizione di distanza superiore alla Maratona (quindi superiore ai 42 km), e una gara di lunghezza superiore ai 100 km.


Tutte le velocità sono approssimate alla prima cifra decimale


(1)    269 classificati à 1° 1:59’28’’ 12,1 km/h; 10° 2:22’15’’ 10,1 km/h; 1°donna 2:40’46’’ 9,0 km/h; 100° 3:04’28’’ 7,8 km/h; 150° 3:21’52’’ 7,1 km/h; 200° 3:51’54’’ 6,5 km/h  V. Critica: 84° 2:59’50’’ 8,0 km/h  

(2)    166 classificati à 1° 4:58’02’’ 9,1 km/h; 10° 5:44’45’’ 7,8 km/h; 1°donna 5:55’47’’ 7,6 km/h; 100° 7:35’44’’ 5,9 km/h; 150° 9:00’56’’ 5,0 km/h  V. Critica: 7° 5:38’44’’ 8,0 km/h

(3)    175 classificati à 1° 2:11’48’’ 10,5 km/h; 10° 2:31’06’’ 9,1 km/h; 1°donna 2:43’13’’ 8,5 km/h; 100° 3:23’38’’ 6,8 km/h; 150° 3:52’30’’ 5,9 km/h  V. Critica: 47° 2:51’38’’ 8,0 km/h

(4)    167 classificati à 1° 2:07’39’’ 11,9 km/h; 10° 2:30’27’’ 10,0 km/h; 1°donna 2:48’09’’ 9,0 km/h; 100° 3:36’30’’ 7,0 km/h; 150° 4:26’44’’ 5,7 km/h  V. Critica: 45° 3:07’34’’ 8,0 km/h

(5)    66 classificati à 1° 2:54’44’’ 11.3 km/h; 10° 3:26’40’’ 9,5 km/h; 1° donna: 3:36’31’’ 9,2 km/h; 65° 6:52’00’’ 4,8 km/h  V. Critica: 38° 4:07’09’’ 8,0 km/h

(6)    67 classificati à 1° 1:38’11’’ 12,2 km/h; 10° 1:55’32’’ 10,4 km/h: 1°donna: 2:04’54’’ 9,6 km/h; 66° 4:08’58’’ 4,8 km/h  V. Critica: 43° 2:30’49’’ 8,0 km/h

(7)    130 classificati à 1° 7:26’47’’ 8,1 km/h; 10°-1°donna 9:04’53’’ 6,6 km/h; 100° 13:18’26’’ 4,5 km/h  V. Critica: 2° 7:38’57’’ 7,8 km/h

(8)    193 classificati à 1° 15:18’00’’ 8,2 km/h; 10°-1°donna 18:30’16’’ 6,8 km/h; 100° 25:47’58’’ 4,9 km/h  V. Critica: 2° 15:47’45’’ 8,0 km/h

(9)    52 classificati à 1° 5:21’54’’ 9,3 km/h; 10° 7:33’58’’ 6,6 km/h; 1° donna 6:28’02’’ 7,7 km/h; 50° 12:23’32’’ 4,0 km/h  V. Critica: 3° 6:28’02’’ 7,7 km/h

(10)75 classificati à 1° 4:55’35’’ 10,2 km/h; 10° 6:27’38’’ 7,7 km/h; 1°donna 5:56’23’’ 8,4 km/h; 70° 8:52’13’’ 5,6 km/h  V. Critica: 9° 6:16’57’’ 8,0 km/h

(11)226 classificati à 1° 1:35’09’’ 11,4 km/h; 10° 1:46’22’’ 10,2 km/h; 1° donna 2:00’41’’ 9,0 km/h; 100° 2:15’56’’ 8,0 km/h  V. Critica: 100° 2:15’56’’ 8,0 km/h

(12)261 classificati à 1° 1:19’36’’ 12,1 km/h; 10° 1:33’19’’ 10,3 km/h; 1° donna 1:42’10’’ 9,4 km/h; 100° 1:57’53’’ 8,1 km/h  V. Critica: 106° 1:59’55’’ 8,0 km/h



Uff … fatto. Riordiniamo le idée: 


La prima cosa che salta agli occhi, ma è anche abbastanza ovvia, è che allungando le distanze le medie sensibilmente si abbassano e solo i primissimi riescono ad avere una velocità media minima superiore o comunque intorno a quella da noi definita critica (8 km/h). Escludiamo quindi dal ragionamento le gare definite “ultra”.


Seconda cosa importante: le ultimissime posizioni sono generalmente prese in carico dall’organizzazione che crea un servizio apposito denominato “scopa”, una specie di “raccattatore” che si posiziona in fondo al gruppo e accompagna gli ultimi. Spesso gli ultimi partecipano con puro spirito di condivisione e amicizia, camminando già dalle prime battute ed inserendo solo saltuariamente la corsa. Quindi possiamo escluderli dalla nostra analisi.


Terza cosa: ora andiamo nello specifico: le gare con chilometraggi compresi tra 15 e 30 sono quelle che mediamente hanno il maggior numero di partecipanti, vengono considerate alla portata, spesso affrontate, dicevamo, con poca o nulla preparazione specifica: se la gara è molto veloce (11 e 12) generalmente buona parte degli iscritti riesce a mantenere una velocità media superiore a quella critica, anche se sensibilmente vicina a quest’ultima, mentre i primi hanno una velocità media abbondantemente superiore. La differenza di allenamento e di attitudine all’attività è in questo caso determinante. In entrambi i nostri esempi intorno al 100° posto c’è la zona d’ombra che determina il “passaggio” ad una maggior incidenza del cammino rispetto alla corsa.


Nelle gare definite corte (20 – 30 km) con un buon dislivello e passaggi tecnici importanti (1-3-4-5-6)  questo fattore appare ancora più predominante: i primissimi hanno velocità medie elevate, la velocità tende a calare  abbastanza in fretta nelle posizioni seguenti, testimonianza del fatto che sempre più ampi momenti di cammino sostituiscono la corsa. In genere questo passaggio si verifica intorno alla quarantesima posizione.


Facciamo qualche deduzione … (mi sento Sherlock Holmes!!!): Generalmente i primi dieci della classifica sono gli sportivi più allenati e più adatti al tipo di sforzo, esiste poi una grossa fetta di partecipanti che potrebbe sensibilmente migliorare le proprie performance se seguisse un programma di allenamento mirato, in ultimo, come dicevamo prima, c’è chi partecipa quasi esclusivamente camminando (oltretutto con una camminata “fisiologica”, ad andatura perfetta, circa 5 – 6 km/h) per godersi le emozioni, condividerle e trarne beneficio.


 Noi vogliamo concentrarci, invece, su chi lavora un po’ sempre verso il limite corsa-camminata, alternando una corsa troppo lenta e una camminata troppo veloce per essere produttive, ma con una considerevole dose di rischio infortunio che potrebbe essere limata da un allenamento mirato ed un’alimentazione adatta.


La fisiologia ci insegna come una fatica mal gestita sia una delle componenti maggiori per il rischio infortuni nello sportivo di durata: accumulo dei prodotti intermedi e finali del metabolismo, esaurimento dei processi che trasformano e forniscono energia, cambiamento dello stato chimico-fisico, affaticamento dei neurotrasmettitori, diminuzione della capacità di prestazione coordinativa, minor capacità di prestazione sensoriale, rallentamento del tempo di reazione, disturbi dell’attenzione, riduzione delle funzioni di impulso e controllo (maggior percezione dello sforzo) (Biologia dello Sport J.W. Calzetti-Mariucci editore 2013), senza contare come la produzione di radicali liberi (affaticamento del sistema immunitario) aumenti con l’aumentare dello sforzo e del consumo energetico (esempio: prendiamo in considerazione che su una gara di 20 km, spesso c’è più di un’ora di distacco tra il primo classificato ed il primo al di sotto della velocità critica, lo sforzo è protratto per più di un’ora, ed è a carico di individui meno allenati …)


CONCLUSIONI: Trail Running è una disciplina sulla cresta dell’onda. Nonostante si definisca “Running” le parti di corsa vera e propria sono esclusive dei migliori, e a volte nemmeno (se vogliamo fare un piccolo confronto, una Maratona, anche non di primissimo piano, viene vinta con una media di 19-20 km/h; una 100 km su strada con medie che sfiorano i 14-15 km/h), l’attività ha una forte componente emozionale che spesso aiuta a superare i momenti di difficoltà previsti dai vari percorsi. La piccola (e per nulla esaustiva) analisi da noi compiuta dimostra come le difficoltà delle prove vengano spesso sottostimate e le competizioni affrontate senza adeguata preparazione dalla maggior parte degli atleti iscritti. Le vecchie credenze sono dure a morire, quindi affinare la preparazione per un’attività di resistenza con allenamenti di forza viene spesso derisa, mentre noi la consideriamo, particolarmente in questo caso, la soluzione ottimale. Senza dubbio è possibile godersi le gare di Trail anche senza essere preparati a dovere vista la forte componente “interna”, di contatto con la natura e di “ricarica” che esse offrono, ponendo però l’organismo ad un elevato rischio infortuni. Non vogliamo costruire vincitori, anzi, rifuggiamo completamente l’idea, vogliamo però insegnare a sfruttare al meglio le proprie capacità, ottimizzandole con un allenamento fisico mirato, una preparazione mentale adeguata allo sforzo ed un’alimentazione completa per affrontare in serenità qualunque tipo di percorso.


La mia esperienza (poca) nella corsa e nelle competizioni di Trail, abbinata a quella lavorativa nel campo della preparazione fisica e del recupero dagli infortuni, ha fatto si che come Palestra Stile Libero costruissimo un programma di allenamento “ad hoc” per questa disciplina. Le esercitazioni previste sono da affiancare al normale allenamento “su campo”, ma permettono una più completa prestazione, che spesso vuol dire semplicemente arrivare in fondo in condizioni migliori, che abbinata al nostro programma di alimentazione per sportivi (http://www.dietagift.it/component/option,com_sobi2/Itemid,0/catid,7/limit,10/limitstart,20/ ), e al nostro programma di allenamento della mobilità dell’apparato locomotore potrebbe aiutare a godere appieno delle proprie passioni, scoprendo come, spesso, lavorare anche fra le quattro mura di una palestra non è poi così male.


Un’ultima, ma importante cosa. Molte volte si sente dire che uno partecipa a questa competizione molto dura, o a quell’altra molto lunga, per mettersi alla prova, per superare i propri limiti. Io non la vedo così: mettersi alla prova, superare i propri limiti, dimostrare qualcosa a qualcuno o a sé stessi, si fa impegnandosi nel quotidiano con determinazione e una pratica costante (allenamento, movimento, sana alimentazione, letture adeguate …). Arrivare preparati alla gara è la dimostrazione di aver superato tutte le prove e tutti i limiti, a quel punto si può anche non partecipare, l’obiettivo è raggiunto comunque, ma se si partecipa si è sicuri di farlo nella maniera migliore. Una volta mi insegnarono che “costanza e determinazione nella pratica ti renderanno forte come l’acciaio”, era un altro tempo, quasi un’altra vita, ma quell’insegnamento è rimasto. Allenatevi bene, mangiate bene, riposatevi bene, e potrete godere tutte le emozioni possibili …


Federico Saccani


Stay Run&Motion ;-)


Anche questo lavoro è già stato pubblicato su altri siti, potrebbe entrare a far parte di una pubblicazione (ci auguriamo così almeno io e le persone che collaborano con me a questo progetto), quindi l’utilizzo integrale o di parti di esso deve riportare il riferimento all’autore e alla bibliografia. Sono convinto che non ci sia bisogno di ricordarlo, ma per scrupolo lo faccio sempre. Ovviamente rispetto al testo originale ci sono degli omissis come la descrizione degli esercizi e dei programmi di allenamento, che vedrete ad “opera” terminata.


Grazie. 


Fede

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