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domenica 20 gennaio 2013

Risveglio


Don. Don. Don. Don. Don. Cinque rintocchi, troppo violenti per non essere reali, mi scuotono da un torpore onirico dal quale mi desto sempre più faticosamente. Le movenze lente, e per nulla aggraziate, accompagnano i primi passi verso una serie di rituali, così stereotipati da essere, ogni giorno, leggermente diversi. La frenesia che accompagnerà i prossimi rintocchi di campana è adesso un incubo ancora lontano, mi crogiolo, quindi, in una lentezza quasi esasperata, a dimostrare che, se voglio, posso ancora comandare il mio modo di vivere, senza condizionamenti esterni.
Fiero di questa mia forma di protesta mi guardo nello specchio, alla disperata ricerca di un volto rilassato e sorridente, quando un movimento alla mia sinistra attira il mio sguardo.
Non ho nemmeno il tempo di voltarmi che la testa viene attaccata da lampi di luce e da un dolore sconvolgente. Provo ad urlare, ma impotente mi rendo conto di farlo solo nella mia testa. Mi ritrovo a terra in una manciata di secondi, durati un’eternità.
Lo scenario è completamente cambiato. Niente più bagno, niente più specchio. Mi muovo con circospezione mista ad incredulità. Sono nel bel mezzo di un giardino. Il più bel giardino mai visto. Il posto mi sembra vagamente familiare, ma non riesco ad associarlo a qualcosa di preciso. E’ una sensazione, strana, inspiegabile, ma mi sembra di essere a casa.
A terra ci sono pietre bianchissime, come non ne esistono; dappertutto, tanto da farmi sospettare che la luce venga proprio da loro, il profumo che si respira è quello di un bacio sfiorato, di una parola sussurrata all’orecchio, di un abbraccio che racchiude il mondo nel palmo di una mano.
Mi siedo a terra a contemplare una tale meraviglia quando scorgo una figura avvicinarsi. Il vecchio col bastone si muove veloce nonostante le sue condizioni. Mi guarda e mi fa cenno di seguirlo. Lo faccio senza fiatare. Mi sembra giusto così. In pochi passi arriviamo sulla riva di uno stagno dall’acqua limpidissima. Il vecchio col bastone sorride “sai dove sei?” “sai chi sono?”. La sua voce mi suona in testa leggera, non riesco a rispondere, balbetto.
Il vecchio col bastone mi indica lo stagno, la sua mano destra nodosa, consumata dall’età ha un piccolo difetto, che ho già visto, ma non riesco a ricordare dove. Non riesce a distendere completamente il dito mignolo. Cerco di concentrarmi quando “dentro di te troverai le risposte” la sua voce mi sorprende ancora “guarda nello Stagno di Specchio”.
Il mio sguardo, quasi autonomamente si sposta verso la superficie dello stagno, innaturalmente immobile. All’improvviso un’immagine, dapprima sfuocata, poi sempre più nitida compare sulla superficie. Occhi. Occhi meravigliosamente profondi che mi guardano, mi leggono dentro. “Dentro di te troverai le risposte”.
Una luce violenta, scaturita dal nulla mi butta a terra. Il vecchio col bastone mi appoggia una mano sul petto, una mano che brucia. Dolore, dolore, buio, dolore, buio.
Don. Don. Don. Don. Don. Cinque rintocchi. Apro gli occhi madido di sudore. Sono nel mio letto ed è ora di alzarsi. Un sogno reale, non c’è che dire, sento anche un peso fastidioso sul petto, proprio dove c’era la mano del vecchio col bastone. Sollevo le coperte e, appoggiata sul torace c’è una pietra bianca, come non ne esistono. La prendo con la mia mano destra, è meravigliosa, la sensazione di benessere che provo è totale. Il mignolo non si distende completamente, sono nato così; non capisco il perché, ma questa mattina ci faccio caso…
Federico Saccani

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