Sono partito con l’intenzione di scrivere due righe di
commento sulla conferenza di ieri pomeriggio. Sono consapevole del fatto che le
righe saranno ben più di due e che probabilmente uscirò “fuori tema” almeno un
centinaio di volte; mi scuso quindi a priori con chi avrà la pazienza di
leggere.
L’obiettivo della giornata di ieri era di “scuotere le
coscienze”, di piantare un semino di curiosità e sperare che questo lentamente andasse
a germogliare. Ho usato, durante la presentazione, l’esempio di lanciare un
sasso nello stagno, in modo che le piccole onde da questo create, si
propagassero da persona a persona, fino a creare un “circolo virtuoso di
curiosità”; uscire dalla sala con tante domande, ma con una consapevolezza
nuova, la capacità di guardare quello che ci viene proposto con un occhio
critico, ma informato, sempre più informato.
Ed è stato così. Semplicemente straordinario, eccitante,
coinvolgente e sconvolgente allo stesso tempo. Ma è stato così. Abbiamo fatto
informazione. Informazione seria, scientificamente supportata, con un relatore
carismatico e preparato come Luca Speciani, pronto a mettersi in gioco per
primo, pronto a metterci la faccia. E questo è arrivato, la gente (tanta gente)
se n’è accorta, è rimasta colpita, stupita, forse anche stordita dalla marea di
informazioni ricevute; e si è fatta delle domande.
Ho realizzato, almeno in parte, uno dei miei innumerevoli
sogni. Quello di mettere a disposizione di più persone possibili determinate
informazioni che, altrimenti, per un motivo o per l’altro, non ne avrebbero
avuto accesso. E’ meraviglioso. Non meraviglioso in assoluto, ma lo è per me. Una
piccola realtà come palestra Stile Libero, e tutto quello che vi ruota intorno,
ha fatto informazione seria e competente su un tema delicato come quello della
salute.
Ma chi cavolo deve fare questo tipo di lavoro se non i “professionisti
del benessere” (so che qualcuno dei miei colleghi si fa chiamare così…)? Porca
miseria, QUESTO è il nostro compito, fare in modo che la gente che ci segue
abbia tutte le nozioni necessarie per raggiungere appieno il suo potenziale,
mettersi in gioco, mettere in gioco la propria competenza (e qui casca l’asino)
e cercare di lavorare per gli altri. Non solo insieme, ma per gli altri.
Il nostro è indubbiamente un lavoro difficile (ma quale non
lo è?), un lavoro dove non ci si può improvvisare. In nessun lavoro ci si può
improvvisare, accidenti, lo so, ma se io provo a fare il, che so,
prestigiatore, faccio un pasticcio, vengo subito smascherato, ma finisce lì. Nel
nostro lavoro è più subdolo. Ti puoi improvvisare, fare danni “silenti” per
anni; una finta competenza, costruita a suon di copia/incolla da internet o da
pubblicità di attrezzi del “media shopping” di turno, con il personal trainer
americano di tendenza che ti sforna una raffica di cavolate che… che ormai è
troppo tardi per potersi fermare e allora il disastro è compiuto.
Sono convinto che una formazione di tipo accademico,
universitario, sia una condizione necessaria per fare il mio lavoro. NON
sufficiente, ma necessaria. Conosco molti eccezionali istruttori che non hanno
avuto la possibilità o non hanno voluto affrontare un percorso del genere (Edoardo,
Christian); alcuni sono davvero bravissimi, molto più bravi di miei colleghi
laureati; un vero peccato, perché avrebbero potuto dare una luce ad una facoltà
in penombra come quella di Scienze Motorie, e anche per loro, sarebbe stato un
giusto riconoscimento alla loro competenza. Ma chiudo la parentesi.
Se ne legge di tutti i colori. Chi riesce ad allenarsi a “gravità
zero” (chissà il povero Isaac Newton, si starà flagellando a colpi di mele
sulla testa, non so…), chi forse a “gravità cento”, come Goku e Vegeta,
bellissimo; chi si professa specializzato in allenamento funzionale (lo giuro,
mi arrivano i curricula) che è una bestemmia, ma cosa vuol dire? Adesso perché fai
due corsi vestito da Navy Seal, e sollevi un sacco di sabbia, sei
specializzato? Ma in cosa? Ma forse i pesisti, i lanciatori, i velocisti, gli
strong man non hanno fatto per cinquant’anni (di più) allenamento “funzionale”?
Lo chiamavano allenamento e basta. E l’uomo del paleolitico non viveva la sua
vita in maniera “funzionale”? Pure lui specialista, quindi. Noi ci inventiamo
le parole e con esse una qualifica. Magari non sappiamo parlare l’italiano, ma
siamo “specializzati”.
Bene. Io mi tiro fuori da questo bailamme. Cerco di fare le
cose serie, con delle basi, sperimentando, ma con criterio. Studio e mi
aggiorno. E sono specializzato, sul serio.
E la conferenza di ieri è un primo minuscolo passo…
Stay tuned ;-)
Federico Saccani
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