Ieri ho corso. Ho partecipato ad una competizione, la seconda di questa settimana. La manifestazione si è svolta a Varigotti, un posto che mi piace molto, dove ho lavorato parecchio tempo, ho tanti amici, mi trovo sempre molto bene. Queste due gare, quella di Carbuta di domenica scorsa e quella di ieri, erano in programma già da un po’, possiamo definirle un test di verifica, dopo un 2012 travagliato, costellato da una miriade di piccoli infortuni, fastidiosi al punto che, comunque, sono stato lontano dall’asfalto vari mesi.
Perché racconto della gara di ieri? I motivi sono molteplici: in primis, ho superato il test di verifica, nel senso che, dopo aver spinto forte sia domenica scorsa, che durante la settimana con due allenamenti tirati, la gara di Varigotti sarebbe stata un po’ il tornasole della mia condizione, non tanto organica, quella risente della poca corsa invernale, quindi è quella che è, piuttosto di quella fisica, della tenuta muscolo/tendineo/articolare allo stress, e devo dire le cose sono andate ben oltre le più rosee previsioni. Fondamentalmente, però, racconto della gara di ieri perché ho vinto.
Nella mia pluriennale “carriera” sportiva, ed è pluriennale nel vero senso della parola, contando che la mia prima competizione l’ho affrontata nel 1981, a nemmeno 8 anni, ed è veramente sportiva, perché dal Karate, al calcio, al nuoto, alla Savate… ho praticato veramente tantissimi sport (infatti le articolazioni se ne ricordano benissimo… :-)), ho sempre vinto poco, quindi quel poco mi piace ricordarlo. Se vogliamo questo mio scritto può essere considerato “autocelebrativo”, boh, forse si, sta di fatto che non voglio esaltare la mia performance, voglio semplicemente mettere un piccolo segno con l’evidenziatore su una parola del libro che racconta la mia vita sportiva, che se non altro, è rappresentata, soprattutto negli ultimi dieci anni, dal sacrificio; cercato, voluto… assolutamente, non mi ha obbligato nessuno, ma per questo motivo, ancor di più causa di soddisfazione.
La gara è stata presentata di 7 km, saranno poi di meno, circa 4 ad occhio. Di una durezza bestiale, con salite vertiginose, ed una discesa folle, su sterrato (anche piuttosto scivoloso), passaggi impervi sopra Varigotti, con panorami mozzafiato che il respiro corto, il cuore in gola e la vista annebbiata non ti permettono nemmeno di goderne, un caldo ed un umido desertici, come simpatica ciliegina sulla torta. Nutrito il numero dei partenti, non saprei dire, ma si sfiorava senz’altro le cento unità, tra questi molti podisti (soprattutto turisti), alcuni improvvisati, qualche ragazzino, e pochi corridori veri. Veri sul serio. Qualcuno lo conosco, Gilberto, un ragazzo di Finale, ma che corre per l’Atletica Varazze, forte, si allena molto, ha ottimi personali, prima di iniziare il riscaldamento è il mio favorito; poi c’è Mauro, anche lui corre per Varazze, è parte della storia del podismo ligure, un mostro sacro, ora un po’ acciaccato, ma sempre temibile, poi un paio di ragazzi mai visti, atleti che sono in vacanza da queste parti. Uno lo scorgo alla fine del riscaldamento, ha il n°66 sul petto, adesso è lui quello che dò vincente. Un fascio di muscoli, gambe scolpite, squadrate, sguardo concentrato. Sento Finnico (il mio alter ego “demoniaco” che mi accompagna e spesso prende il sopravvento durante le corse) che vuole emergere, lo sento ruggire dentro di me, fatico a controllarlo, le occhiate che rivolgo ai miei “avversari” sono piuttosto eloquenti. Metto la musica nelle orecchie per concentrarmi, parlotto con Simone e Gian, i guerrieri Run&Motion che hanno corso con me, qualche scatto.
Schierati sulla linea del via, un mondo ovattato, attutito nei rumori cala su di me, sento prepotente Finnico, come una fiera che ha annusato sangue, farsi largo nel mio Io, questa volta non combatto per trattenerlo, lo lascio uscire e travolgere la mia mente con un urlo selvaggio. Il via giunge quasi come una liberazione, se deve essere battaglia, deve esserlo da subito.
Senza rispettare nessuna strategia e nessun benché minimo senso logico parto subito davanti. E ci rimarrò fino alla fine. Il primo pezzo, su asfalto è pianeggiante, sono poche centinaia di metri, dove sento il respiro degli altri atleti ed il rumore dei loro passi, poi inizia la salita. Alla primo tornante sono già solo, sterrato, ciottolato e un po’ di asfalto si susseguono, ma i miei occhi, o quelli di Finnico, vedono solo le frecce bianche disegnate a terra che indicano la via. La strada è più dura del previsto, il mio corpo rantola subendo uno sforzo che una parte di me ritiene insopportabile, mentre un’altra parte gode e ringrazia per la prova a cui la sto sottoponendo.
Sento qualche parola del pubblico sul percorso, chiaramente non la capisco, grugnisco in segno di risposta.
Arrivo alla discesa, mi lancio a tutta, noncurante dei cartelli di pericolo e delle raccomandazioni prima della partenza. In effetti è brutta, ma mi permette di respirare, quindi mi piace. Rientro sull’asfalto, sono sempre da solo, penso ormai di essere arrivato, quando, malefico scherzo del destino, ancora sterrato, ancora salita, dei gradoni allucinanti, i quadricipiti urlano, i glutei chiedono perdono. Ma non mollo. Mi lancio sull’ultima parte del percorso, ancora discesa, ma i rumori di Varigotti ora sono vicini. Un paio di urli per far scansare escursionisti dal sentiero, un’ultima scalinata e finalmente asfalto… come un razzo mi getto sulla parte finale del percorso, entro nel centro di Varigotti, sempre solo. Vedo gli uomini dell’organizzazione, sento i loro applausi e i loro complimenti, Finnico rientra e gli ultimi 50 metri sono solo di Federico. Da solo.
Taglio il traguardo con un semplice cenno, cerco Paride con lo sguardo, lui mi schiaccia l’occhio soddisfatto, l’organizzazione mi sbatte in mano il premio, ironia della sorte una cassa colma di bottiglie di vini di ogni tipo… dovevano saperlo che non bevo. Il numero 66 arriva secondo dopo un paio di minuti. subito dietro di lui arriva Gilberto. Poi gli altri. Anche Simone e Gian fanno un’ottima gara.
Mi godo questa vittoria. Cosa mi rimane? Beh, qualche piccola considerazione devo pur farla. Quest’anno ho corso 4 gare, tutte brevi (max 11,5 km) e tutte con poco allenamento, sono arrivato 5°, 4°, 2° e 1°. Non ho più voglia di farmi il culo per ore, per poi rimanere fermo dei mesi. Penso che continuerò a correre le gare brevi (se deciderò di correre ancora delle gare), nella Maratona quello che dovevo fare l’ho fatto, penso vada bene così. Il fatto di essere arrivato davanti a Gilberto, mi inorgoglisce parecchio, perché lui è un po’ un mio riferimento, lo considero il più forte di Finale.
Continuerò a dedicare parte dei miei sforzi podistici a Run&Motion, ad insegnare quello che la corsa è per me e che in fondo le gare, pur essendo belle esperienze ed emozioni forti, non sono la parte più importante, ma forse quella meno. Simply Believe.
Federico Saccani
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